Carissimi,
finalmente dopo due anni vissuti con la nostalgia di ritrovarci insieme, come Chiesa di Matera-Irsina oggi celebriamo e viviamo la processione più importante per le strade della nostra città: la solennità del Corpus Domini.
Viviamo questa celebrazione con la certezza che accanto a noi è presente la Vergine Santa che veneriamo sotto il dolce titolo di Madonna SS. della Bruna. Sarà lei che ci accompagnerà come Arca della nuova Alleanza, Tabernacolo e Ostensorio che contiene il frutto del suo seno, Gesù. Solennità che ci proietta verso il 02 luglio con rinnovato entusiasmo e desiderio di camminare con Maria.
Quest’anno il giorno del Corpus Domini assume un significato più profondo: guardare al XXVII Congresso Eucaristico Nazionale che sarà celebrato nella nostra amata città di Matera: “Tornare al gusto del pane. Per una Chiesa eucaristica sinodale”.
Partendo dal pane di Matera abbiamo approvato il titolo del Congresso: “Tornare al gusto del pane”, che rimanda a quello eucaristico e che soprattutto nella fase cruciale della pandemia ci è mancato.
Al nostro tema, pochi giorni fa, la Commissione episcopale per i problemi sociali e il lavoro, in occasione della Giornata per la custodia del creato (1 settembre) ha accostato il tema “Prese il pane, rese grazie” (Lc 22,19).
Tenendo presenti questi due momenti che scaturiscono l’uno dall’altro, ci lasciamo accompagnare ed aiutare dalla Parola che è stata proclamata.
La figura di Melchisedek appare come il Re di Salem che porta “pane e vino”. Conosciamo meglio Melchisedek attraverso la lettera agli Ebrei che lo definisce “Re di giustizia, abita nella pace, è Re da dove è la pace, venera e adora il Dio Altissimo, il Creatore del cielo e della terra, e porta pane e vino (cfr Eb 7,1-3; Gen 14,18-20).
Dice Benedetto XVI: “I Padri hanno sottolineato che è uno dei santi pagani dell’Antico Testamento e ciò mostra che anche dal paganesimo c’è una strada verso Cristo e i criteri sono: adorare il Dio Altissimo, il Creatore, coltivare giustizia e pace, e venerare Dio in modo puro. Così, con questi elementi fondamentali, anche il paganesimo è in cammino verso Cristo, rende, in un certo modo, presente la luce di Cristo”.
Dalla lettura dei testi biblici la figura di Melchisedek viene presentata più grande dello stesso Abramo: Dio lo rende sacerdote attraverso la sua unzione e non per discendenza, divenendo profezia del sacerdozio puro e santo del suo Messia. Il pane e quel vino offerti da Melchisedek rivelano a noi cristiani che l’Eucaristia è stata da sempre nella mente e nel cuore di Dio come un desiderio da compiere nella storia degli uomini.
La sintesi mirabile la liturgia ce la presenta esattamente nel Canone romano, quando, durante la seconda epiclesi, si dice:
Volgi sulla nostra offerta il tuo sguardo sereno e benigno,
come hai voluto accettare i doni di Abele, il giusto,
il sacrificio di Abramo, nostro padre nella fede,
e l’oblazione pura e santa
di Melchisedech, tuo sommo sacerdote.
Ti supplichiamo, Dio onnipotente:
fa’ che questa offerta, per le mani del tuo angelo santo,
sia portata sull’altare del cielo
davanti alla tua maestà divina,
perché su tutti noi che partecipiamo di questo altare,
comunicando al santo mistero
del corpo e sangue del tuo Figlio,
scenda la pienezza di ogni grazia e benedizione del cielo.
È sempre Benedetto XVI che ci ricorda: “Questo vuol dire che Cristo è la novità assoluta di Dio e, nello stesso tempo, è presente in tutta la storia, attraverso la storia, e la storia va incontro a Cristo. E non solo la storia del popolo eletto, che è la vera preparazione voluta da Dio, nella quale si rivela il mistero di Cristo, ma anche dal paganesimo si prepara il mistero di Cristo, vi sono vie verso Cristo, il quale porta tutto in sé.
Questo mi sembra importante nella celebrazione dell’Eucaristia: qui è raccolta tutta la preghiera umana, tutto il desiderio umano, tutta la vera devozione umana, la vera ricerca di Dio, che si trova finalmente realizzata in Cristo. Infine va detto che adesso è aperto il cielo, il culto non è più enigmatico, in segni relativi, ma è vero, perché il cielo è aperto e non si offre qualcosa, ma l’uomo diventa uno con Dio e questo è il vero culto. Così dice la Lettera agli Ebrei: “il nostro sacerdote sta alla destra del trono, del santuario, della vera tenda, che il Signore Dio stesso ha costruito” (cfr 8,1-2).
Un altro elemento importante da tenere presente, ricavato dalla seconda lettura, è esattamente questo: l’Eucaristia non è solo pane e vino che attraverso la transustanziazione diventano “corpo” e “sangue” di Cristo, ma pane spezzato e vino versato. In questo modo riusciamo a cogliere il senso della sua vita offerta per noi. E la logica del dono ci aiuta a capire che celebrare l’Eucaristia, ricevere Gesù Eucaristia, non significa stare bene, aver soddisfatto il precetto, aver ricordato l’anima di una persona cara. È anche questo! Ma prima di tutto cogliere che partecipare all’Eucaristia significa spendere come Gesù, la propria vita in un dono, che si fa pane spezzato e nutrimento per il bene dei fratelli.
Permettetemi di fare mio e, quindi anche vostro, il pensiero del Venerabile D. Tonino Bello, quanto mai attuale per quello che stiamo vivendo in questo tempo storico: pandemia, guerra, attentati intimidatori a Scanzano, illegalità. Da uomo innamorato dell’Eucaristia, viveva l’intimità con il Maestro e Signore davanti al tabernacolo, e spesso si faceva chiudere in chiesa e rimaneva da solo, dice: “L’eucaristia rimane… una sorta di sacramento incompiuto. Rimane incompiuto quando manca la sequela eucaristica. E che cosa significa, fratelli miei, sequela eucaristica? (…) Vivere l’eucaristia è lasciarsi andare, lasciarsi afferrare dall’onda di Gesù Cristo. Lasciarsi andare senza i tuoi tracciati, senza i tuoi programmi, gli itinerari che ti sei schematizzato tu. Io vorrei esortarvi, cari fratelli, a un modo di vivere più abbandonato, più libero. Sentitevi uomini liberi, uomini che non sono lì incastrati nel sistema. (…) L’eucaristia è uno scandalo da vivere fino in fondo (…). Occorre aver coscienza che noi siamo corpo di Cristo crocifisso alla storia. Coscienza di non possedere la Verità, quanto di essere posseduti dalla Verità. È la Verità che ci afferra, è Cristo che ci afferra. (…) La comunità eucaristica, come Gesù, deve essere sovversiva e critica verso tutte le miopi realizzazioni di questo mondo. Noi tra le opere di misericordia corporale abbiamo sempre insegnato che bisogna consolare gli afflitti, ma non abbiamo mai invertito l’espressione dicendo che bisogna affliggere i consolati. Tu devi essere una spina nel fianco della gente che vive nelle beatitudini delle sue sicurezze (…). Occorre avere la coscienza che noi siamo il corpo festivo di Gesù Cristo. E non solo il suo corpo feriale, crocifisso e crocifiggente. Perché celebrare con autenticità i giorni festivi significa salvare i giorni feriali. Come si dovrebbe scatenare il senso della festa, specialmente la domenica! (…). Gesù Cristo è il nuovo Adamo. Il primo ha frantumato l’umanità col peccato. Il secondo l’ha ricostruita nell’unità. (…) Ebbene, noi credenti dobbiamo collocarci sulla stessa linea di riconduzione dell’unità iniziata da Cristo. È questo il servizio fondamentale che ci viene richiesto. Di qui deve scatenarsi il nostro impegno contro tutto ciò che favorisce la disgregazione: l’egoismo, l’accaparramento dei beni che esclude tanta gente dal banchetto della vita, la violenza, l’uso della forza, il ricorso alle armi, il crescente sviluppo dell’apparato bellico, la progressiva militarizzazione del territorio, il commercio clandestino e palese delle armi cui si legano i fenomeni della droga e della mafia…”
Davanti a questo scenario mondiale, globalizzato, si sta sperimentando la presunzione, la fragilità, il crollo, come al tempo della torre di Babele. Succede sempre così quando l’uomo mette da parte Dio e segue istinti perversi e bramosie, perde cioè quella umanità che lo voleva simile a Dio in grandezza di cuore e generosità.
A noi, come ai discepoli, Gesù ci dice di non avere paura dello scenario vasto e sofferente che si dipana dinanzi i nostri occhi. Di non perderci d’animo se anche oggi ci sono solo “cinque pani e due pesci”. È lui il pane disceso dal cielo, è lui il cibo di vita eterna, è lui che si è spezzato per tutti.
Ieri, come oggi, non si tratta di soddisfare solo il bisogno materiale del momento, ma di intridere nel cuore di chi ha fede il grande insegnamento della condivisione: i discepoli devono dare “loro stessi da mangiare”. Questo ci fa capire che non è possibile staccare il dono del “Pane di vita” dalla passione, morte e risurrezione. Banchetto conviviale e banchetto sacrificale stanno insieme. Se partecipare alla celebrazione eucaristica significa fare festa e convivialità, non bisogna mai dimenticare che il mistero pasquale è passione, morte e risurrezione, quindi il banchetto eucaristico resta sempre banchetto sacrificale.
Al termine della celebrazione, dopo due anni di attesa, vivremo la processione eucaristica. Con Gesù Eucaristia attraverseremo alcune strade della nostra città, per diffondere e fortificare la speranza, nutrire la fiducia, seminare la pace, ritornare a credere nell’uomo abitato e illuminato dalla presenza divina.
Così sia.
✠ Don Pino
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