L’Arcivescovo è dispiaciuto per non essere stato presente alla celebrazione esequiale, assenza dovuta unicamente alla tardiva comunicazione dell’anticipo della funzione religiosa, inizialmente prevista nel pomeriggio di oggi. Nel suo messaggio, letto questa mattina dal Vicario generale della Diocesi di Tricarico, Don Nicola Urgo, Mons. Caiazzo ha manifestato l’intenzione di incontrare quanto prima i familiari del defunto.
Il Messaggio
Carissimi,
mi permetto di accostarmi al vostro dolore che è diventato anche nostro, di tutti, con l’affetto e la tenerezza di un padre che, pur non conoscendovi personalmente, è come se lo fossi da sempre.
Lo faccio a nome di tutti voi presenti e di quanti, istituzioni e gente comune, vorrebbe parteciparvi vicinanza. Lo dico consapevole che il dolore che c’è nel vostro cuore brucia, è lacerante. Il mio abbraccio vuole essere quello di tutti, che con me assicurano la preghiera più sentita.
Non è facile nemmeno per il vescovo trovare le parole giuste che possano aiutarvi in questo momento.
Mi chiedo, insieme a voi: perché Franco insieme a Gerardo, Vincenzo, Carmelo, Davide, è morto mentre lavorava lunedì scorso nel deposito di Eni nel comune di Calenzano, a pochi chilometri da Firenze? Non ho la risposta ma non posso assolutamente pensare che questa sia volontà di Dio, come spesso si sente dire anche da parte dei credenti. Mi rifiuto di pensare e di credere che Dio possa volere tutto questo, perché Dio mi dice che ognuno di noi è prezioso ai suoi occhi e ama tutto ciò che è vita, soprattutto noi, uomini e donne, creati a sua immagine e somiglianza, voluti da lui per essere e vivere da immortali.
Quando Gesù parla della volontà di Dio dice: “Questa è la volontà di colui che mi ha mandato. Che io non perda nulla di quanto mi ha dato, ma lo risusciti nell’ultimo giorno” (Gv 6,39). Gesù non è venuto nel mondo per fare discorsi sulla morte e sul dolore che questa procura. Il Natale che ci apprestiamo a celebrare ci dice un’altra cosa: è venuto a condividere la nostra umanità, con tutte le sue fragilità, fino a dare la sua vita stendendo le sue braccia e morendo in croce, quasi a volere abbracciare noi bisognosi di affetto e di amore vero.
Certamente era lì, in quel tunnel della morte di Calenzano, ancora una volta con le sue braccia spalancate, ad afferrare Franco e i suoi colleghi di lavoro, per dare senso a una vita che non può finire così tragicamente e tenerli stretti a sé.
Una seconda riflessione mi impone di dire, per il bene della nostra gente, del nostro territorio, che siamo stanchi di trovarci a celebrare le esequie di chi muore sul posto di lavoro.
Invochiamo per la nostra gente un lavoro dignitoso, che sia, come auspica papa Francesco, «libero, creativo, partecipativo, solidale» (EG 192).
–Libero dai vincoli opprimenti di ogni forma di sfruttamento e sicuro per evitare simili tragedie;
– Creativo, perché rifondato sulle esigenze di uno sviluppo sostenibile, che coniughi dignità della persona e rispetto della salute e dell’ambiente e salvaguardia della casa comune;
–Partecipativo, che metta tutti, imprenditori, lavoratori, istituzione e parti sociali, nella possibilità di partecipare anche alle decisioni circa le condizioni di lavoro;
–Solidale, perché non favorisca soltanto i privilegi di alcuni, garantiti da un impiego statale, ma un’autentica solidarietà sociale verso quanti sono meno tutelati.
Concludo nella certezza che da questo immenso dolore deve necessariamente scaturire nuova vita, nuova speranza. E’ l’economia del Vangelo che chiede di incontrare e fare alleanza tra finanza, politica e cultura. Solo così godremo nel vedere anche nella nostra terra di Basilicata nuovi germogli che indicano una nuova primavera fatta di radici che s’incontrano, si innestano e creano relazioni feconde, rami che si aprono alla vita come famiglie feconde divenendo nutrimento essi stessi, frutti che fanno gustare una fattiva solidarietà, quella che, non solo si prende cura, ma s’accora per il benessere degli altri.
Assicurando la mia preghiera e sperando di venire a trovare voi familiari quanto prima, vi abbraccio e benedico.
+Don Pino, Arcivescovo
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