MARIA SANTISSIMA MADRE DI DIO – Lectio divina
O Dio, che nella verginità feconda di Maria
hai donato agli uomini i beni della salvezza eterna,
fa’che sperimentiamo la sua intercessione,
poiché per mezzo di lei abbiamo ricevuto l’autore della vita,
Gesù Cristo, tuo Figlio.
Egli è Dio, e vive e regna con te,
nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.
Dal libro dei Numeri (Nm 6, 22-27)
Porranno il mio nome sugli Israeliti, e io li benedirò.
Il Signore parlò a Mosè e disse: «Parla ad Aronne e ai suoi figli dicendo: “Così benedirete gli Israeliti: direte loro:
Ti benedica il Signore
e ti custodisca.
Il Signore faccia risplendere per te il suo volto
e ti faccia grazia.
Il Signore rivolga a te il suo volto
e ti conceda pace”.
Così porranno il mio nome sugli Israeliti e io li benedirò».
Figli benedetti
Con la benedizione i sacerdoti svolgono il loro ministero di mediatori. Non si tratta di una formula magica ma di un annuncio e di una promessa, ovvero dell’impegno che Dio prende con gli uomini e il servizio che intende offrire loro. I sacerdoti, pronunciando il nome di Dio davanti agli Israeliti, non solo lo rappresentano ma lo ripresentano nell’atto di manifestare la sua identità, come aveva fatto a Mosè dal roveto ardente e sul monte Sinai. Dire il proprio nome significa consegnarsi nelle mani dell’altro, affidargli la chiave di accesso al proprio cuore, intessere con lui una relazione nella quale donarsi intimamente e reciprocamente. Dire il proprio nome vuol dire mettersi a nudo senza vergogna presentandosi nella propria irriducibile verità. Nel nome di Dio non è contenuto un potere magico da sfruttare a proprio piacimento. Quando se ne fa un uso sbagliato, la benedizione si muta in maledizione. Il nome di Dio è giustizia e misericordia che non sono parole vuote ma si concretizzano nella salvezza operata da Lui nella storia. Il modo verbale del congiuntivo con il quale sono coniugati i verbi dell’azione divina, benedire, custodire, far splendere, fare grazia, rivolgere e concedere, non sono un auspicio rivolto al Signore ma un’esortazione indirizzata all’uomo perché, accogliendo il nome di Dio su di sé si lascino benedire da Lui per essere a capaci di benedizione verso tutti.
Siamo chiamati a benedire Dio, ringraziandolo per la sua misericordia, e a benedire gli uomini riconoscendo in loro l’opera di Lui, il quale si serve di ognuno, anche di chi umanamente è considerato indegno, per raggiungere tutti.
Sal 66
Dio abbia pietà di noi e ci benedica.
Dio abbia pietà di noi e ci benedica,
su di noi faccia splendere il suo volto;
perché si conosca sulla terra la tua via,
la tua salvezza fra tutte le genti.
Gioiscano le nazioni e si rallegrino,
perché tu giudichi i popoli con rettitudine,
governi le nazioni sulla terra.
Ti lodino i popoli, o Dio,
ti lodino i popoli tutti.
Ci benedica Dio e lo temano
tutti i confini della terra.
Dalla lettera di san Paolo apostolo ai Gàlati (Gal 4,4-7)
Dio mandò il suo Figlio, nato da donna.
Fratelli, quando venne la pienezza del tempo, Dio mandò il suo Figlio, nato da donna, nato sotto la Legge, per riscattare quelli che erano sotto la Legge, perché ricevessimo l’adozione a figli.
E che voi siete figli lo prova il fatto che Dio mandò nei nostri cuori lo Spirito del suo Figlio, il quale grida: Abbà! Padre! Quindi non sei più schiavo, ma figlio e, se figlio, sei anche erede per grazia di Dio.
Il dono della figliolanza divina
Paolo, parlando ai Galati, ricorre all’immagine del fanciullo che giuridicamente è padrone di tutto, ma è schiavo perché dipendente da tutori e amministratori fino al tempo stabilito dal padre. L’apostolo afferma che il tempo del tutoraggio e dell’amministrazione delegata è terminato quando Dio ha mandato suo Figlio nel mondo. Egli è apparso come vero uomo ed ebreo, sottomesso all’autorità dei genitori e a quella della Legge. Gesù ha pienamente adempiuto ai comandamenti grazie all’educazione avuta in famiglia e nella comunità che tutti i sabati si riuniva nella sinagoga per ascoltare la Parola di Dio. Pur essendo figlio dell’uomo, non è diventato Figlio di Dio, ma lo è sempre stato. Tuttavia, si è manifestato veramente come tale quando ha portato a compimento la Legge e i Profeti salendo sulla croce per offrire la sua vita in riscatto di tutti gli uomini. Adempiendo il comandamento dell’amore e consegnando la sua vita nelle mani di Dio e il suo. Corpo in quelle degli uomini, dalla croce ha effuso su tutti lo Spirito Santo affinché ricevendolo nel cuore, potessimo manifestare la nostra figliolanza divina nello stesso modo con cui Gesù Cristo l’ha resa visibile a tutti con il suo sacrificio. Lo Spirito Santo scrive il nome di Dio nel nostro cuore come sigillo di appartenenza a lui come figli. Il nome di Dio è la nostra vera eredità. A nulla servirebbe possedere questo tesoro se non fosse santificato il nome di Dio in noi mediante le opere della giustizia e della misericordia. Esse sono le opere di Dio che Egli realizza mediante la nostra volontà e le nostre facoltà. Lo Spirito Santo agisce in noi sia per pregare il Signore da figli chiamandolo «Babbo, Padre», sia per operare il bene verso gli altri uomini dichiarando il nostro nome di cristiano, figlio di Dio e fratello di tutti nella fede.
+ Dal Vangelo secondo Luca (Lc 2,16-21)
I pastori trovarono Maria e Giuseppe e il bambino. Dopo otto giorni gli fu messo nome Gesù.
In quel tempo, [i pastori] andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia. E dopo averlo visto, riferirono ciò che del bambino era stato detto loro.
Tutti quelli che udivano si stupirono delle cose dette loro dai pastori. Maria, da parte sua, custodiva tutte queste cose, meditandole nel suo cuore.
I pastori se ne tornarono, glorificando e lodando Dio per tutto quello che avevano udito e visto, com’era stato detto loro.
Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo.
LECTIO
La pericope liturgica è composta da due parti: la prima (vv. 16-20) è racchiusa tra il viaggio dei pastori verso Betlemme (v.16), dove incontrano la santa famiglia, e il loro ritorno (v.20); la seconda parte (v. 21) si svolge nell’ottavo giorno in cui avviene contestualmente il rito della circoncisione e il riconoscimento ufficiale dell’appartenenza alla propria famiglia con l’imposizione del nome.
Il soggetto principale della prima scena è senz’altro la figura collettiva dei pastori. Nel breve resoconto dell’esperienza dei pastori il verbo vedere ha una posizione centrale attorno a cui ruotano gli altri verbi: andare, trovare e riferire. D’altronde il motivo per cui si mettono in viaggio è proprio «vedere l’avvenimento che il Signore ha fatto conoscere» (v. 15). I pastori recepiscono il messaggio degli angeli non semplicemente come l’informazione di una notizia, ma come l’annuncio di un avvenimento che essi comprendono essere determinante per la sorte della loro vita. In loro il vangelo accende una speranza che li spinge a mettersi in cammino per passare dall’essere conoscitori per sentito dire di un fatto accaduto a testimoni oculari dell’avvenimento. È la parola di Dio che rende significativo l’incontro con Maria, Giuseppe e il bambino adagiato nella mangiatoia. Le parole che riferiscono sono l’eco dell’annuncio che hanno ricevuto e che servono a tutti coloro che l’ascoltano a leggere nell’immagine del bambino avvolto in fasce e adagiato nella mangiatoia il segno della prossimità di Dio che viene tra gli uomini per salvarli. Il bambino è «un Salvatore, Cristo Signore» (v. 11). Il bambino nato a Betlemme nel suo venire alla luce non è diverso dagli altri. Ciò che fa la differenza è la parola di Dio su quel bambino che riecheggia mediante la testimonianza di quelle persone che ricevono una rivelazione e la riconoscono realizzata proprio in quel bambino. Li rende credibili la loro fede, ovvero il credere che la grandezza della parola annunciata si è realizzata in quel piccolo bambino. Egli, nella sua inerme innocenza, rivela che Dio salva non attraverso portenti terrificanti ma mediante l’umiltà e la mitezza che sono le caratteristiche peculiari dell’amore misericordioso di Dio. Lo stupore della gente viene proprio dal riconoscere per fede che la grandezza dell’opera di Dio si manifesta nella vita ordinaria che, invece, può essere percepita come estranea alla Sua cura. Anche la reazione di Maria è modello per il discepolo che ascolta il Vangelo per bocca di testimoni della Parola. Ella gli suggerisce un approccio alla vita caratterizzato dalla ricerca continua del senso degli eventi e animato dalla speranza che la volontà di Dio si compie e la salvezza diventi una realtà concreta.
La seconda parte della pericope liturgica è composta dal solo v. 21 il cui centro è il nome Gesù. Il libro del Levitico 12, 1-3 fissa in sette giorni dopo il parto il tempo dell’impurità della madre che partorisce un figlio maschio. Per questo si procede al rito della circoncisione l’ottavo giorno. Il testo lascia intendere che in quel giorno con la circoncisione inizia anche il tempo della purificazione rituale per la madre che dura 33 giorni, se il figlio è maschio e 66 se è femmina (Lv 12,5). Con il taglio del prepuzio del bambino si faceva memoria della circoncisione di Abramo e dei membri maschi della sua famiglia (Gen 17,23-27). Apparendo ad Abramo, che aveva 99 anni, Dio annuncia che è arrivato il tempo di stipulare l’alleanza tra Lui e il suo servo per renderlo fecondo. Come in Lc 2,1 anche in Gen 17,4s. l’imposizione del nome e la circoncisione sono connessi. Nel racconto della Genesi Dio cambia il nome ad Abram che da quel momento si chiamerà Abramo poiché, grazie alla benedizione di Dio, diventerà padre di una discendenza numerosa, tra cui ci sarebbero stati anche i re. L’alleanza di Dio con Abramo è unilaterale e richiede al patriarca il gesto della circoncisione perché quel segno nella carne ricordi sempre che la vita feconda è solo ed esclusivamente un dono di Dio. Solo Lui è donatore di vita ed è unica origine della paternità. Secondo la concezione antica il nome di un essere non lo designa soltanto, ma determina la sua natura e definisce la sua vocazione. In questo senso, l’imposizione del nome è opera di Dio che opera in chi lo riceve perché attraverso di lui si compia il suo disegno salvifico. Luca sottolinea che Gesù è il nome scelto da Dio per quel bambino prima ancora che fosse concepito. Non è difficile riscontrare un’assonanza con il racconto di vocazione di Geremia: «Prima di formarti nel grembo materno, ti ho conosciuto» (Ger 1,5). Come per Abramo, così anche per Gesù il nome definisce la sua funzione nel progetto di Dio. Se Abramo è chiamato ad essere «padre…», Gesù è il Salvatore perché attraverso di lui «Dio salva».
Il bambino avvolto in fasce in una mangiatoia è il segno che gli angeli danno ai pastori. La circoncisione, che in origine era un rito di iniziazione al matrimonio, diviene un segno che ricorda a Dio l’impegno di fedeltà all’alleanza e alla promessa. L’uomo che persevera nel credere nella Parola e metterla in pratica, nonostante le contraddizioni che potrebbero condizionare la fede, la vede realizzata, innanzitutto in sé.
MEDITATIO
La pagina del vangelo di Luca, dopo l’incontro tra i pastori di Betlemme e la famiglia di Nazaret, accenna alla circoncisione e all’imposizione del nome. Sia l’incontro che gli eventi nell’ottavo giorno dalla nascita del bambino sono la risposta obbediente alle indicazioni divine. I pastori si mettono in viaggio, dopo aver ascoltato l’annuncio dell’angelo, la circoncisione nel giorno ottavo si compie in ossequio alla legge e il nome Gesù è dato al bambino in obbedienza all’indicazione dell’angelo. I pastori e i genitori di Gesù agiscono in risposta all’ evento annunciato nella sua portata prima e dopo il suo accadimento. La parola dell’angelo permette di cogliere nell’evento della nascita il compimento del disegno divino. La natività è il segno dell’opera di Dio che inizia a compiersi. La parola fa dell’evento, che ha Dio come soggetto, un appello alla responsabilità rivolto agli uomini. L’evento contemplato con gli occhi della fede, illuminati dalla Parola che ne offre la vera chiave di lettura, spinge i pastori a condividere la loro emozione narrando la propria esperienza d’incontro con Dio che è il soggetto annunciante e l’oggetto annunciato del Vangelo. Nelle parole dei pastori, evangelizzati ed evangelizzatori, riecheggia la Parola che rende agli occhi di ascolta un fatto comune, come poteva essere la nascita di un bambino, un evento il cui valore supera le umane attese. La gente reagisce con lo stupore perché si rende conto che si trova davanti all’opera di Dio. Questa emozione rivela la consapevolezza della distanza che si viene a creare tra la grandezza dell’annuncio e la piccolezza del segno, tra la straordinarietà della promessa e l’ordinarietà dell’evento in cui si realizza, tra la gloria manifestata e l’umiltà toccata con mano.
La meraviglia non sempre ha un seguito, per cui il fatto si condensa in episodio, che per quanto sia meraviglioso, rischia di rimanere isolato. Il fatto diventa evento se si segue l’esempio di Maria che conserva la parola accaduta nel cuore e la medita cercando di trovare il nesso tra la sua esperienza e l’evento, tra la vita di Dio e la sua. Il dire e l’operare di Dio non sono mai disgiunti e soprattutto non sono mai autoreferenziali, ma costituiscono il linguaggio attraverso il quale Egli è in relazione con gli uomini comunicando con essi e comunicandosi a loro. Conservare nel cuore significa ricordare, cioè coltivare la memoria, affinché la Parola di Dio sia significativa e lasci un segno nella propria vita. Il ricordo non è un fatto statico che genera nostalgia o rimpianto, ma è un’attività di ricerca del cuore e della mente che determina le scelte pratiche da attuare. Maria non si accontenta di ciò che è e non le basta sapere quello che sarà suo figlio. Si pone anche la domanda di quale compito ella debba assumere per rispondere e collaborare al progetto di Dio. Anche Maria è evangelizzata, una prima volta a Nazaret e una seconda volta a Betlemme. Dopo la prima adesione, che ha aperto la porta alla venuta di Dio nel mondo, Maria comprende che è chiamata ancora a confermare la sua obbedienza perché la missione affidata al figlio non fosse solo confinata a Israele ma si estendesse a tutti gli uomini. Il nome che Adam aveva dato ad Eva, la madre dei viventi, diventa la vocazione di Maria, la nuova Eva. L’adesione al progetto di Dio che pian piano si delinea dinanzi a lei non avviene con le parole ma con i fatti, non da sola ma insieme a Giuseppe.
La circoncisione e l’imposizione del nome è l’espressione pratica dell’obbedienza alla Legge e al Vangelo che non sono disgiunti tra loro ma stanno nel rapporto promessa-compimento. La circoncisione è il segno di adesione alla sua proposta di alleanza che Dio chiese ad Abramo legando alla sua risposta il compimento della promessa fatta al Patriarca (cf. Gn 17). La circoncisione è un segno permanente nella carne. Abram diventa Abramo, ovvero padre di una moltitudine, quando acconsente di tagliare una parte di sé, significando con questo gesto di accettare di essere mancante. Con la circoncisione Abramo imita Dio nella scelta di non essere tutto ma di farsi mancante per entrare in una relazione di vera complementarietà con l’altro. La povertà, quale stile di vita, non è qualcosa da nascondere per vergogna, ma è la condizione per crescere nella relazione con l’altro da sé, in particolare con la propria moglie. La fecondità, benedizione incarnata nella relazione di coppia, fiorisce all’interno di un rapporto che gradualmente viene purificato dalla tendenza alla possessività per essere pura oblatività. La circoncisione, che nasce come rito di passaggio e di ingresso, per Maria e Giuseppe diventa il modo con il quale si assumono concordemente la responsabilità di collaborare all’opera di Dio. Come fu per Abramo, che si fece circoncidere insieme a suo figlio Ismaele e agli altri maschi della famiglia, anche per Maria e Giuseppe la circoncisione rappresenta un momento importante nel quale si opera un taglio a quel legame umano che facilmente sarebbe potuto scadere in possessività, sia nella relazione coniugale sia in quella genitoriale. La circoncisione è un atto rituale che si compie una sola volta ma che richiede di essere sempre confermata nel cuore, soprattutto nei momenti di crisi, come è accaduto ad Abramo sul monte Moria e a Maria sul Golgota.
Per Abramo la circoncisione fu il segno col quale fece la sua professione di fede scegliendo Dio come suo Signore e aderendo in tutto all’alleanza propostagli da Lui, sicché la benedizione promessa trova spazio per la sua realizzazione. Abramo si lascia benedire da Dio che lo educa alla paternità, quella che non si esercita con autoritarismo ma che si vive nel rispetto e nella benevolenza, innanzitutto verso la propria moglie. In tal modo, la benedizione che feconda Abramo passa anche a Sara che viene sanata dalla sua sterilità per essere capace di concepire e, così, essere lei stessa partecipe del compimento della promessa. Dare il nome significa affermare il legame di appartenenza. Il nome Gesù, che significa Dio salva, rivela la vocazione e la missione del figlio di Giuseppe e Maria. Nel dargli il nome, indicato loro dall’angelo, essi intendono affermare che quel bambino lo ricevono da Dio come dono e lo riconoscono come Figlio del Dio che viene a salvare. È Gesù la benedizione di Dio che si realizza nell’ambito di una relazione benedetta da Dio e tessuta giorno per giorno seguendo la voce dello Spirito che orienta il cuore di ciascuno verso l’altro.
Oratio
Benedetto sii Tu, Dio Padre,
che hai guardato in Maria
l’umiltà dei tuoi servi
e nella tua misericordia l’hai scelta
Madre del Tuo Figlio e della Chiesa.
Tu che, adombrandola con la potenza dello Spirito,
l’hai colmata di grazia
e l’hai rivestita di ogni virtù,
perché riflettesse nella sua vita
il tuo volto materno,
concedi che, con il suo aiuto,
anche noi possiamo crescere nella santità
per servirti con cuore puro.
Benedetto sii Tu, nostro Signore Gesù Cristo,
che hai fatto della piccola famiglia di Nazaret
il tuo primo tempio nel quale i tuoi genitori
ti hanno ricevuto come dono del Cielo
e ti hanno servito con tenerezza e rispetto.
Tu che da Maria e Giuseppe hai imparato
la sapienza dei poveri in spirito,
fa che essi siano per tutti i genitori
modello di vita cristiana
e sostegno nel faticoso compito educativo.
Benedetto sii Tu, Spirito Santo,
che hai reso feconda la verginità di Maria
e le hai ispirato i sentimenti di bontà e umiltà,
le parole di fiducia e di consolazione
e i gesti di attenzione e di servizio al prossimo.
Tu, che effuso in abbondanza
dal Crocifisso risorto,
agisci nel cuore dei credenti
per conformarlo a quello di Dio,
raccoglici nella Chiesa insieme a Maria,
perché come lei, con una sola voce
e come un cuor solo,
possiamo cantare il nostro magnificat
e orientare il nostro pellegrinaggio terreno
verso la beatitudine eterna
che da sempre Dio ha preparato per i suoi figli.
Amen.
Artigiani del tempo di Grazia
Il giorno ottavo indica il tempo compiuto. Nella visione biblica del tempo esso appare come un’aspirale che tende verso il suo punto culminante. C’è una ciclicità che non torna indietro ad un eterno punto di partenza, ma viaggia verso un oltre che dal basso va verso l’altro, dalla terra punta verso il cielo. La vita sulla terra è un pellegrinaggio verso il cielo guidati dalla parola di Dio che ci attrae per incontrarci e unirci a sé. I pastori sono l’immagine più chiara della vocazione offerta ad ogni creatura. Come Maria, anche i pastori sono i poveri ai quali Dio rivolge l’invito ad accogliere la sua Parola, interiorizzarla e portarla ai fratelli come luce di consolazione e di speranza. Gli inviati cercano il segno indicato loro dagli angeli e trovano una famiglia. Sì, il segno non è un evento eclatante ma è nella famiglia, piccola comunità ecclesiale, che silenziosamente narra la grandezza della benedizione di Dio. Cosa c’è di più bello che benedirsi reciprocamente come Dio benedice. Egli ci mostra il suo volto regalandoci sguardi di amore, compassione e attenzione premurosa. La benedizione passa attraverso mani che delicatamente accarezzano e avvolgono di affetto chi da solo non potrebbe prendersi cura di sé, parole che cullano facendo sì che i turbamenti e le paure lascino il posto al riposo e alla pace del cuore. Lì s’intrecciano sguardi di amore e di speranza: quello del bambino i cui occhi si elevano in fiduciosa attesa, lo sguardo di compassione della madre che contempla il figlio inoltrando il suo cuore nel mistero della fede e lo sguardo del padre che, voltando le spalle alle preoccupazioni per i pericoli, con stupore fissa la luce di Dio nell’orizzonte della promessa. S’incrociano sguardi e avviene uno scambio di doni: rispetto, stima, volontà di volere e operare per il bene dell’altro. I pastori vedono e ricevono in dono la possibilità di entrare nell’intimità della Santa Famiglia in cui batte il cuore della Trinità.
Il tempo che si apre davanti a noi è la strada che Dio traccia sulla quale procedere insieme a coloro che Egli ci dona come compagni di viaggio. Se Dio, come per Adamo, ci stabilisce come custodi del creato e dei fratelli e ci unisce per crescere insieme, non ci separiamo gli uni dagli altri; se il Padre aggiunge figli alla sua famiglia non respingiamo i nostri fratelli e sorelle; se il Signore ci invia profeti, guide e maestri, non li rifiutiamo. Dalla storia impariamo ad essere come Dio, artigiani del tempo. Abbiamo in mano nient’altro che il nostro presente come terra. Se la stringo essa si sfarina e si perde, se invece la impasto con l’acqua della Parola posso modellarla e darle forma, secondo il progetto d’amore che Dio mi ispira. Il futuro dipende da come plasmo il presente. Se nell’opera delle mie mani soffia l’alito dello Spirito Santo essa diventa segno nel quale Dio rivela la sua gloria e comunica la sua grazia. Il tempo ci viene incontro con tanti doni quante sono le occasioni offerte di vivere da Figli di Dio in questo mondo e per sempre nella vita eterna.
ORATIO
Signore Gesù, Figlio benedetto del Padre,
rivolgi i tuoi occhi verso di noi
perché sul nostro volto,
liberato dal velo della tristezza che lo nasconde,
possa riflettersi la bellezza dell’amore fraterno
che ha in Te la sua sorgente di umanità.
Tu che dal trono della Croce
ci hai donato Maria come mamma,
fa che invocando la sua intercessione,
seguendo il suo esempio,
prendendole la mano,
ci facciamo accompagnare da lei
nel pellegrinaggio della vita.
La tua benedizione sia forza
per rialzarci dopo ogni caduta,
coraggio nel mettere passione in ogni servizio,
speranza per motivare l’impegno a favore della giustizia
nonostante ostacoli e resistenze.
Offrimi l’opportunità di benedirti
con il canto della lode
nell’assemblea dei fratelli
e donami numerose occasioni
di essere per ciascuno di loro
la tua benedizione con i piccoli gesti di carità. Amen.
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