Novena di Natale – 16 dicembre – Il segno di Betlemme: il bambino adagiato in una mangiatoia
Dal Vangelo secondo Luca (2, 6-16)
Mentre si trovavano in quel luogo, si compirono per Maria i giorni del parto. Diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio.
C’erano in quella regione alcuni pastori che, pernottando all’aperto, vegliavano tutta la notte facendo la guardia al loro gregge. Un angelo del Signore si presentò a loro e la gloria del Signore li avvolse di luce. Essi furono presi da grande timore, ma l’angelo disse loro: «Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia, che sarà di tutto il popolo: oggi, nella città di Davide, è nato per voi un Salvatore, che è Cristo Signore. Questo per voi il segno: troverete un bambino avvolto in fasce, adagiato in una mangiatoia». E subito apparve con l’angelo una moltitudine dell’esercito celeste, che lodava Dio e diceva:
«Gloria a Dio nel più alto dei cieli
e sulla terra pace agli uomini, che egli ama».
Appena gli angeli si furono allontanati da loro, verso il cielo, i pastori dicevano l’un l’altro: «Andiamo dunque fino a Betlemme, vediamo questo avvenimento che il Signore ci ha fatto conoscere». Andarono, senza indugio, e trovarono Maria e Giuseppe e il bambino, adagiato nella mangiatoia.
La mangiatoia piena di biada è il centro fisico della storia narrata. Non le sarebbe stata riservata una tale importanza se in essa non fosse stato adagiato un bambino appena nato avvolto in fasce. La mangiatoia, che di solito è il luogo adibito all’alimentazione degli animali, diventa la prima culla di Gesù. La mangiatoia è citata ben tre volte nel racconto a voler sottolineare l’importanza di ciò che rappresenta. Tuttavia, non si potrebbe comprenderne a pieno il valore se il racconto della nascita di Gesù, che già appare abbastanza paradossale, non fosse letto alla luce di quello della Pasqua. Accostando il racconto della nascita di Gesù a quello della sua morte, si notano dei richiami evidenti tra i quali emergono le fasce o le bende con cui è avvolto il corpo di Gesù e il fatto di essere deposto nella mangiatoia o nella tomba. Anche l’iconografia classica ha colto in questi elementi un legame tra il Mistero della Natività e quello della Pasqua. I primi cristiani erano soliti riunirsi presso le tombe dei martiri per celebrare l’eucaristia. La mangiatoia, segno profetico della tomba in cui Gesù è stato sepolto, diviene il primo altare sul quale Dio pone, per mano di Maria, suo Figlio offerto come pane che nutre e che sazia. Betlemme, il cui nome significa casa del pane, da quel momento diventa la prima domus ecclesia, la casa-chiesa, in cui tutti sono invitati a partecipare al banchetto, soprattutto i poveri la cui categoria è ben rappresentata dai pastori. Pernottando all’aperto, mostrano il fatto che nella loro povertà essi non hanno altro rifugio che il “Cielo”. Gli ultimi, gli scartati, gli emarginati diventano i primi a ricevere l’invito e ad accoglierlo. Il povero bambino, che nasce in una povera famiglia che a sua volta abita da forestiera in un mondo povero di amore, si rivolge a tutti iniziando dai confini più lontani della società. Accogliendo il vangelo dei messaggeri divini quale parola di Dio, i pastori diventano beati perché tali sono gli invitati alla «cena dell’agnello». Insieme a loro anche noi cantiamo con gioia la nostra fede per la quale crediamo che Gesù é il Cristo, il Salvatore potente, colui che, scendendo dal Cielo è nato per noi, ovvero per la nostra salvezza. La mangiatoia è il primo altare su quale Dio si mostra e si offre all’uomo quale nutrimento per la sua vita.
Signore Gesù, Tu che nasci estraneo al mondo tra i clamori delle guerre, nella frenesia della società dei consumi, in mezzo alle luci e ai suoni di piazze piene di gente ma vuote di persone, vieni in mezzo a noi e attiraci con la mitezza del tuo silenzio. Donaci la pace del cuore perché impariamo ad essere come bambini tranquilli e sereni in braccio alla propria madre. Fa che, come i pastori hanno accolto la parola dei messaggeri divini, anche noi possiamo ascoltare e meditare il Vangelo per venire a Te, adorarti e lasciarci assimilare alla tua persona. Ricevendo dalle mani del Padre il tuo corpo e nutrendoci di Te, possiamo ritrovare il gusto della umiltà che ci restituisce la gioia di testimoniare al mondo la bellezza della tua misericordia.
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