Carissimi,
oggi, in questa magnifica Basilica Cattedrale, siamo entrati nella grotta di Betlemme, avvolti da una luce che non è solo fisica, ma è la bellezza della Luce che è Gesù. In questo suggestivo scenario barocco, ci immergiamo in una bellezza che ci ricorda quanto il mondo abbia bisogno di questa luce, capace di rendere splendida la nostra esistenza. Non c’è angolo della terra in cui Gesù non desideri nascere, anche se deve confrontarsi con la miseria umana: l’indurimento del cuore e le chiusure mentali, culturali e politiche, spesso contraddittorie e conflittuali.
La bellezza di questo luogo va oltre le straordinarie opere di scultori, pittori, artigiani e orafi che, nel corso dei secoli, hanno lasciato il loro segno, arricchendolo sempre di più. Essa esprime la bellezza di chi, avvicinandosi al Signore che viene, si lascia inondare dalla Sua luce, portando speranza e gioia a ogni persona che incontra.
Le interpretazioni della bellezza sono molteplici. Mi viene in mente la celebre frase di Fëdor Dostoevskij: “La bellezza salverà il mondo”. E mi piace citare Davide Rampello, regista e direttore artistico, che definisce la bellezza come «la sintesi di un processo vitale che rivela la forza e la creatività della vita e degli uomini. La bellezza naturale esiste, ma è sempre legata alla forza, al mistero, alla sacralità. Senza questi elementi, la bellezza perde la sua essenza».
È proprio questo che contempliamo oggi. Il Natale porta il messaggio più significativo della storia, un dono per l’intera umanità. Solo chi saprà immergersi nel mistero della Natività sarà capace di stupirsi, insieme a Maria e Giuseppe, nel custodire Colui che è nato, Dio fatto carne. Anche i pastori, entrando in quella grotta buia e maleodorante a loro familiare, scoprono la luce e il profumo di Dio, che trasforma le loro vite. Ritornano al loro lavoro, consapevoli di essere amati, portando con sé la pace e la gioia che hanno ricevuto, sperimentando la forza di una fraternità che supera ogni barriera e divisione.
Il Natale ha un messaggio essenziale da comunicarci, una parola di vita per le nostre famiglie e comunità. È bello ascoltare la voce di Dio, che in questo periodo buio e difficile, in cui la comunicazione sembra mancare, ci parla. La prima lettura ci presenta l’immagine di un messaggero che annuncia la pace: “Come sono belli i piedi sui monti del messaggero che annuncia buone notizie”. Abbiamo davvero bisogno di questo messaggio, in un tempo in cui regna l’oscurità e desideriamo la luce della speranza: Gesù Cristo.
Il Giubileo aperto ieri sera da Papa Francesco a Roma, che inaugureremo ufficialmente il 28 e 29 a Tricarico e Matera, ci invita a riflettere sul senso dell’ascolto. Come ci ricorda la lettera agli Ebrei, «Dio, che molte volte e in diversi modi nei tempi antichi aveva parlato ai padri per mezzo dei profeti, ultimamente, in questi giorni, ha parlato a noi per mezzo del Figlio».
Tuttavia, il male continua a seminare oscurità nel cuore dei credenti e non: guerre, ingiustizie, malattie, attacchi a persone innocenti. Questi sono il frutto di errori storici e scelte a favore della morte piuttosto che della vita, dell’egoismo a scapito della comunità, in un contesto di populismi e discriminazioni sempre più imperanti.
Il prologo del Vangelo di Giovanni ci ricorda che il Dio di Gesù Cristo è un Dio che parla da sempre. Lo fa anche oggi, da tutte le Betlemme del mondo, dove si contempla e si adora la Parola che si è fatta carne. Nonostante i tentativi di silenziare la Verità, di negare il diritto di parola a chi sostiene la vita, i diritti umani, la pace e la giustizia, noi siamo chiamati a mantenere viva la nostra voce. In questo tempo di grandi contraddizioni, Dio si fa carne! Oggi, Gesù ci viene donato da Maria, Madre Sua e Madre nostra, come luce che splende nelle tenebre.
L’evangelista Giovanni ci ricorda che a noi, figli della luce, è chiesto di continuare ad accogliere questa luce, di ritornare a brillare, mostrando il volto bello dell’esistenza e della vita, costruendo dove gli altri distruggono.
Ma ci sono ancora molte grotte buie in cui Gesù desidera nascere. Anche nella nostra amata Basilicata c’è bisogno di riaccendere la speranza. Penso alle nuove generazioni, spesso prive di punti di riferimento. Noi adulti, senza rendercene conto, rischiamo di non avere più tempo per ascoltarli, dialogare e comprendere il loro linguaggio. Talvolta diamo per scontata la presenza dell’affetto e dell’amore, dimenticando che si dimostrano con i fatti, non solo con le parole.
Rifletto sulle famiglie sempre più disgregate, ognuno preso dai propri ritmi, al punto che diventa difficile ritrovarsi anche a tavola. L’emigrazione delle nuove generazioni, costrette a mettere radici in luoghi lontani, rende i nostri paesi sempre più poveri, privi della loro storia e tradizione.
Penso anche all’assenza della ricerca del sacro. Ci preoccupiamo molto dell’esteriorità, ma trascuriamo lo spirito. Le nostre chiese, sempre più vuote, riflettono il vuoto nei cuori delle persone, sempre indaffarate e senza tempo per il silenzio, la riflessione e la preghiera.
Le tragedie ci colpiscono profondamente, quando ci troviamo a piangere familiari o amici persi in incidenti, suicidi o malattie. L’elenco è lungo, ma ogni situazione rappresenta una grotta che ha bisogno di luce, pace, affetto, amore e fraternità. Gesù viene a portarci tutto ciò, se Lo facciamo entrare nelle nostre vite e nelle nostre case.
Nel Vangelo che abbiamo proclamato, si afferma che “il Verbo si fece carne e venne ad abitare in mezzo a noi”. Questo significa che la Parola diventa una tenda tra le nostre case, abitando con noi, portando la Sua luce e la Sua pace.
Che questo Natale possa essere un momento di rinnovata accoglienza, di apertura al mistero di Dio che si fa carne, e un invito a diventare noi stessi portatori di luce e speranza in questo mondo bisognoso di amore e fraternità.
Alla luce di queste considerazioni vi invito a fare nostre le parole di P. David Maria Turoldo, quale augurio per il S. Natale:
Vieni!
Vieni di notte, ma nel nostro cuore è sempre notte: e dunque vieni sempre, Signore.
Vieni in silenzio, ma noi non sappiamo più cosa dirci: e dunque vieni sempre, Signore.
Vieni figlio della pace, noi ignoriamo cosa sia la pace: e dunque vieni sempre, Signore.
Vieni a consolarci, noi siamo sempre più tristi: e dunque vieni sempre, Signore.
Vieni, tu che sei la gioia e la speranza del mondo:
abbiamo troppo bisogno di te.
Vieni sempre, Signore.
✠ Don Pino
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