Silenzio, solo silenzio. Lo esige questo momento. E in punta di piedi siamo invitati ad entrare nel cuore di questa famiglia oppressa da un enorme dolore, che piange l’inaspettata scomparsa di Dea, amata e senso di vita quotidiana.
Ma se siamo qui in chiesa è proprio da questo silenzio che dobbiamo avviarci per sfiorare il Dio della vita: a lui il potere di darcela e di togliercela. Christian Bobin scrive: “mio Dio perché hai inventato la morte, perché hai lasciato succedere una cosa simile, è così dolce la vita sulla terra. E la morte procura sempre dolore, lacrime, vuoto”. È un’ingiustizia perché stride fortemente con la forza della vita e la voglia di vivere che siamo chiamati quotidianamente a celebrare. In particolare noi cristiani che crediamo e ripetiamo che “la morte non può avere l’ultima parola” e che non è la fine di tutto.
Siamo davvero tanti, ognuno col carico del proprio dolore, a piangere questa assenza, sicuramente con tanta rabbia, tante domande, tanti sospiri e silenzi che lasciano un frastuono assordante. Ho chiesto a Dio, in preghiera, di farmi dire ciò che lui vuole vi dica, pensando a Dea, conosciuta piccolina e vista crescere all’interno dell’Associazione Agata, voluta e portata avanti con determinazione da te, carissima Mirna. Un’associazione nata per aiutare a vivere e sostenere la vita, soprattutto dei più fragili nel corpo, in particolare donne. Un’associazione che insieme a te si sente trafiggere il cuore nella misura in cui si sente parte del tuo stesso cuore.
Probabilmente, carissima Mirna, in questo momento, ti senti sconfitta, delusa. Senti un macigno che ti opprime. Tu che hai fatto tanto perché noi tutti amassimo la vita, hai perso tragicamente e inaspettatamente la ragione piena della tua vita: Dea. Tutti noi siamo stati colti di sorpresa ed è questo il motivo per cui chiediamo che sia la Parola di Dio ad illuminare quest’oscurità che improvvisamente è scesa sulla piccola ma bella comunità di Tinchi allargandosi su Marconia, dove nel mentre presiedevo la celebrazione della S. Messa, quasi sicuramente, l’invidia della morte non ha lasciato scampo alla vita di Dea. Una sconfitta? E la nostra speranza in cosa consiste? E perché si è deciso di venire a compiere l’ultimo atto in chiesa?
Alla nostra povertà umana viene in soccorso una parola ricca e competente in umanità, una parola “viva, efficace e più tagliente di ogni spada a doppio taglio”, così come abbiamo sentito. E questa è la parola che Dio ha pronunciato anche oggi a noi, per colmare il vuoto della nostra povertà.
Ma l’immagine più eloquente è contenuta nel Vangelo da poco ascoltato: “Stava presso la croce di Gesù sua madre”. (Gv. 19,25). Può esserci dolore più grande di quello di una mamma nel vedere morire il proprio figlio? Certamente il tuo dolore, carissima Mirna, è simile a quello della Vergine Maria che proprio oggi celebriamo e veneriamo sotto il titolo di Madonna del Rosario. Un dolore che sembra poter aver reso vane tutte le tue scelte, di accettare questa figlia, di portarla nel tuo grembo, partorirla, crescerla non senza sacrifici e rinunce. Quanto amore ci vuole per crescere un figlio!
Mi impressiona che Gesù, ai piedi della croce, abbia chiesto a sua Madre, muta e straziata nella sua impotenza, un dolore così inumano. E la stessa richiesta l’ha rivolta ai suoi amici rimasti con lei contriti del medesimo dolore.
Non dimentichiamo che Maria è contemplata anche come Vergine Addolorata, perché la sua maternità e il suo si a Dio è stato messo a dura prova e che in quel momento anche per lei, come per te carissima Mirna, svanivano quelle speranze che aveva contemplato nel mentre germogliavano e fiorivano durante la sua giovinezza.
Come Maria siamo tutti nella notte del dolore. Ma sappiamo, e per questo la invochiamo, che come per lei il giorno di Pasqua, Cristo, risorto da morte, ha avuto il potere di ridarle la luce, la ricchezza della speranza, la certezza che la morte non può essere l’ultimo atto della nostra esistenza, così possa essere per te Mirna, per tutti voi familiari, per tutti noi, per voi in particolare giovani e giovanissimi.
Ieri mattina ho ricevuto un messaggio da una ragazza che non conosceva Dea ma frequentava la medesima scuola. Tra l’altro mi ha scritto: “Sabato ho visto 1400 ragazzi e ragazze piangere uniti nel dolore per Dea, non tutti la conoscevamo, eppure facevamo esperienza del dolore come se fosse parte integrante della nostra vita da sempre. Ho pensato che fosse l’esempio più puro di humanitas, il concetto che studiato a scuola faceva esperienza nelle nostre vite, improvvisamente mi sono ritrovata ad essere una cosa sola con altri mille che conoscevo e non, uniti nel dolore, perché forse ci sentivamo vicini a Dea, in un modo o nell’altro, vicini al suo dolore, al vuoto che in quel momento ha provato, colpevoli di un’inconsapevole indifferenza.
Non nascondo che ho versato solo lacrime ieri, cercando di sospendere il giudizio e dando voce al silenzio, in cui sono emersi i perché, i come e soprattutto tanto dolore. In un piccolo punto dell’universo, si è concentrata una grande sconfitta comune, che oggi ho sentito vicino pur non conoscendo questa compagna di scuola.
“Tu medico, Gesù,
accogli in te
gli esclusi
e l’amara tristezza
si tramuta
in rinnovata fedeltà.”
Questa mattina questi versi che mi ha mandato con la sua preghiera domenicale, mi hanno fatto emozionare, pensando a Dea, sperando che ormai in cielo abbia trovato la pace che cercava, il perdono e l’amore che desiderava. È l’unico augurio che posso farle.
Qui invece, con la consulta, con l’istituto, con i conoscenti dobbiamo far sì che ciò non passi inosservato, non può. In questi giorni di silenzio e rispetto speriamo di trovare la giusta strada per ricordare Dea e non farla cadere nell’oblio dandole il valore che si merita.
Come dice questa vostra compagna adolescente, tutti sperimentiamo una grande sconfitta. Ci sentiamo sconfitti noi adulti perché vorremmo capire in cosa stiamo sbagliando con voi. Dea vi rappresenta. La sua morte è una sconfitta anche per voi. Vi supplico in nome di Dio: aiutateci a capire. Cosa si sta rompendo tra noi adulti e voi ragazzi?
Vorremmo comunicare di più, ma sia noi che voi, me ne rendo sempre più conto, usiamo male l’approccio né la tecnologia moderna ci aiuta, la stessa che ci fa connettere con il mondo e nello stesso tempo con nessuno.
C’è un mondo virtuale che ci sta rubando la gioia di vivere, dove ci sono persone che ci manipolano conducendoci dove vogliono loro. Apriamo insieme gli occhi per essere in grado di distinguere ciò che ci dà vita da ciò che procura morte.
Che la triste morte di Dea non lasci nessuno indifferente. Ognuno metta da parte giudizi e sentenze e s’interroghi seriamente su come agire e riordinare i contatti intergenerazionali. Sfuggiamo anche la tentazione dei sensi di colpa e impariamo da questo immenso dolore a riconciliarci con la nostra esistenza.
La Madonna del Rosario, che è anche Addolorata, preghi per noi, ci prenda per mano e ci accompagni nel cammino della vita. Gesù, nel momento più triste e drammatico, dall’alto della Croce, anche oggi ci consegna a sua Madre; e così noi, come il giovane Giovanni, accogliamola nella nostra casa, cioè nella nostra esistenza. In Cristo morto e risorto noi crediamo che possiamo vincere qualsiasi tipo di morte e di dolore.
E faccio mie queste parole di Papa Francesco, mentre guardo te, carissima Mirna e tutti voi familiari: «Desidero guardarvi in volto, accogliere con le braccia aperte le vostre storie segnate dal dolore e offrire una carezza al vostro cuore, spezzato e trafitto come quello di Gesù sulla croce: un cuore che sanguina, un cuore bagnato dalle lacrime e dilaniato da un pesante senso di vuoto».
E concludo sempre con Bobin: Mi domando dove sei. Il cimitero, la terra, la bara non mi bastano come risposta punto hai attraversato questa vita senza che niente e nessuno ti fermasse, e hai proseguito nel tuo slancio: tu non sei nella tua morte punto non ci riposi. La attraversi e continui ad andare, con i tuoi grandi occhi aperti nel buio.
Vi benedico. Così sia.
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