II DOMENICA DI PASQUA o della Divina Misericordia (ANNO B) – LECTIO DIVINA
At 4,32-35 Sal 117 1Gv 5,1-6 Gv 20,19-31: Otto giorni dopo venne Gesù.
O Padre, che in questo giorno santo
ci fai vivere la Pasqua del tuo Figlio,
fa’ di noi un cuore solo e un’anima sola,
perché lo riconosciamo presente in mezzo a noi
e lo testimoniamo vivente nel mondo.
Egli è Dio, e vive e regna con te,
nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.
Dagli Atti degli Apostoli At 4,32-35
Un cuore solo e un’anima sola.
La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola e nessuno considerava sua proprietà quello che gli apparteneva, ma fra loro tutto era comune.
Con grande forza gli apostoli davano testimonianza della risurrezione del Signore Gesù e tutti godevano di grande favore.
Nessuno infatti tra loro era bisognoso, perché quanti possedevano campi o case li vendevano, portavano il ricavato di ciò che era stato venduto e lo deponevano ai piedi degli apostoli; poi veniva distribuito a ciascuno secondo il suo bisogno.
La Chiesa comunione
L’evangelista Luca presenta la Chiesa nel suo aspetto “carismatico”, cioè mostra gli effetti dell’azione dello Spirito Santo nei credenti in Cristo. La Chiesa è una comunità di persone che vivono tra loro la stessa relazione di comunione che intercorre tra Dio Padre e suo Figlio Gesù Cristo. È lo Spirito Santo che li unisce e che rende i membri della Chiesa tra loro concordi e unanimi. L’apostolo Paolo sviluppa l’immagine della Chiesa come corpo di Cristo che, pur essendo composto da molte membra, è compatto e integro perché la diversità delle persone sono armonizzate dall’amore. La risurrezione di Gesù rivela che l’amore di Dio, più forte della morte causata dal peccato, punta sempre alla riconciliazione e alla comunione. Come Cristo è stato resuscitato dalla potenza dello Spirito, così i cristiani ricevono la vita nuova dallo stesso Spirito. La grazia di Dio ispira nei credenti atteggiamenti di amore che creano legami di fraternità. La comunione fraterna è la narrazione dell’azione dello Spirito che risuscita chi è morto al peccato e assume una condotta di vita attraverso la quale testimonia la fede in Gesù e comunica lo stesso amore che lo ha reso una nuova creatura. La Chiesa cresce con il diffondersi del vangelo e dell’amore di Dio. Il fattore moltiplicante dei credenti è la condivisione dei beni spirituali e materiali. Solo una Chiesa povera, ovvero desiderosa di essere arricchita dei doni dello Spirito, può diventare una Chiesa per i poveri, attenta ad ogni forma di necessità. Dio, ricco di misericordia, si è fatto povero condividendo con l’uomo la sua condizione di precarietà affinché potesse diventare lui stesso prodigo nell’amore e generoso nel servizio.
Salmo responsoriale Sal 117
Rendete grazie al Signore perché è buono: il suo amore è per sempre.
Dica Israele:
«Il suo amore è per sempre».
Dica la casa di Aronne:
«Il suo amore è per sempre».
Dicano quelli che temono il Signore:
«Il suo amore è per sempre».
La destra del Signore si è innalzata,
la destra del Signore ha fatto prodezze.
Non morirò, ma resterò in vita
e annuncerò le opere del Signore.
Il Signore mi ha castigato duramente,
ma non mi ha consegnato alla morte.
La pietra scartata dai costruttori
è divenuta la pietra d’angolo.
Questo è stato fatto dal Signore:
una meraviglia ai nostri occhi.
Questo è il giorno che ha fatto il Signore:
rallegriamoci in esso ed esultiamo!
Dalla prima lettera di san Giovanni apostolo 1Gv 5,1-6
Chiunque è stato generato da Dio vince il mondo.
Carissimi, chiunque crede che Gesù è il Cristo, è stato generato da Dio; e chi ama colui che ha generato, ama anche chi da lui è stato generato.
In questo conosciamo di amare i figli di Dio: quando amiamo Dio e osserviamo i suoi comandamenti. In questo infatti consiste l’amore di Dio, nell’osservare i suoi comandamenti; e i suoi comandamenti non sono gravosi.
Chiunque è stato generato da Dio vince il mondo; e questa è la vittoria che ha vinto il mondo: la nostra fede.
E chi è che vince il mondo se non chi crede che Gesù è il Figlio di Dio? Egli è colui che è venuto con acqua e sangue, Gesù Cristo; non con l’acqua soltanto, ma con l’acqua e con il sangue. Ed è lo Spirito che dà testimonianza, perché lo Spirito è la verità.
La Chiesa dei figli di Dio che imitano Cristo
L’apostolo Giovanni ricorda ai credenti in Cristo la loro dignità di figlio di Dio. Essa discende dall’azione di Dio che attiva un processo generativo. L’uomo non è semplicemente il prodotto dell’opera delle mani divine, ma è il frutto dell’atto creativo di Colui che ama ed è la sorgente dell’amore. Dio crea amando e tutti quelli che ama, li genera continuamente. Questo principio attiva la dinamica dell’amore reciproco che però non è unidirezionale. Infatti, poiché l’amore di Dio è per tutti gli uomini, come la pioggia scende dal cielo per i saggi e gli stolti e il sole sorge per i buoni e i malvagi, chiunque riconosce di avere Dio per Padre non può non amarlo e contestualmente amarlo amando i suoi fratelli, soprattutto quelli con i quali si condivide la fede. L’amore fraterno è la testimonianza più bella dell’amore di Dio che salva. L’osservanza dei comandamenti è il modo con il quale far passare nelle relazioni fraterne l’unico amore di Dio che rende forte e feconda la vita cristiana. I comandamenti non sono dei precetti che mortificano la libertà e la coscienza del singolo, ma, al contrario, essendo imitazione del modo con cui Gesù ha annunciato il vangelo e ha comunicato l’amore del Padre, sono la via per la vera comunione con Dio e dei fratelli di fede tra loro.
Il cristiano partecipa della regalità di Cristo esercitando il suo servizio a favore dei suoi fratelli. Signore, come Gesù, non è colui che si fa servire ma chi serve e dà la vita per gli altri, senza distinzione di persona.
+ Dal Vangelo secondo Giovanni Gv 20,19-31
Otto giorni dopo venne Gesù.
La sera di quel giorno, il primo della settimana, mentre erano chiuse le porte del luogo dove si trovavano i discepoli per timore dei Giudei, venne Gesù, stette in mezzo e disse loro: «Pace a voi!». Detto questo, mostrò loro le mani e il fianco. E i discepoli gioirono al vedere il Signore.
Gesù disse loro di nuovo: «Pace a voi! Come il Padre ha mandato me, anche io mando voi». Detto questo, soffiò e disse loro: «Ricevete lo Spirito Santo. A coloro a cui perdonerete i peccati, saranno perdonati; a coloro a cui non perdonerete, non saranno perdonati».
Tommaso, uno dei Dodici, chiamato Dìdimo, non era con loro quando venne Gesù. Gli dicevano gli altri discepoli: «Abbiamo visto il Signore!». Ma egli disse loro: «Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo».
Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!». Poi disse a Tommaso: «Metti qui il tuo dito e guarda le mie mani; tendi la tua mano e mettila nel mio fianco; e non essere incredulo, ma credente!». Gli rispose Tommaso: «Mio Signore e mio Dio!». Gesù gli disse: «Perché mi hai veduto, tu hai creduto; beati quelli che non hanno visto e hanno creduto!».
Gesù, in presenza dei suoi discepoli, fece molti altri segni che non sono stati scritti in questo libro. Ma questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Cristo, il Figlio di Dio, e perché, credendo, abbiate la vita nel suo nome.
LECTIO
Il capitolo 20 del vangelo di Giovanni è dedicato agli eventi accaduti nel primo giorno della settimana che inizia la mattina presto, quando è ancora buio, con la scoperta della tomba vuota. I protagonisti delle prime scene sono Maria Maddalena e i discepoli che corrono verso il sepolcro trovato aperto. Seguono altre due scene in cui Gesù risorto appare a Maria Maddalena al sepolcro e ai discepoli riuniti nel cenacolo. L’ultima scena accade otto giorni dopo, ancora nel primo giorno della settimana. In quello che prenderà il nome di domenica, il giorno del Signore, Gesù appare nuovamente ai discepoli riuniti nel cenacolo tra i quali questa volta c’è anche Tommaso che era assente la settimana precedente e che non aveva creduto all’annuncio dei suoi compagni.
Maria Maddalena vede la tomba aperta perché la pietra sepolcrale posta all’ingresso era stata tolta. Conclude che il corpo di Gesù è stato trafugato e corre ad informare i discepoli. Due di essi corrono verso la tomba e vi entrano. All’interno vedono solo i teli e il sudario. Non sanno cosa pensare. Quei segni rimangono muti perché ancora non avevano compreso la Scrittura che annunciava la risurrezione dai morti.
Maria Maddalena, convinta del trafugamento del cadavere, rimane vicino la tomba a piangere. Il suo dolore è talmente forte che non riesce a riconoscere la novità di ciò che è accaduto sia quando vede i due angeli nel sepolcro, sia quando Gesù stesso le è davanti ma confonde con il custode del giardino. Il dialogo con questi personaggi verte sul suo dolore: «Donna, perché piangi?». Maria Maddalena si lascia interrogare ed ella risponde manifestando il suo dolore ma anche la volontà di recuperare il corpo di Gesù, costi quel che costi. Solo quando sente pronunciare il suo nome la Maddalena riconosce Gesù e lo chiama Maestro. Maria rispondendo alla chiamata di Gesù accetta di essergli discepola. Gesù le rivela che il suo cammino si sta compiendo andando verso il Padre. È questa la risurrezione, il cammino verso il Padre. Le affida anche un messaggio per i suoi fratelli per invitarli a seguirlo verso la casa del Padre suo che è diventato anche Padre nostro. La discepola del Risorto annuncia il messaggio di Gesù non prima di aver offerto le sue credenziali di credibilità dicendo di aver visto il Signore.
Prima della fine di quel giorno anche i fratelli di Gesù, riuniti nel cenacolo ancora molto timorosi per la reazione dei Giudei, ricevono la sua visita. Infatti, è Gesù che viene e sta in mezzo alla comunità alla quale offre la pace. Questa è la caratteristica del Giorno del Signore quando la comunità si riunisce. Essa è in un luogo dalle porte chiuse segno del fatto che la Chiesa terrena ha sempre dei limiti, delle chiusure. La comunità dei discepoli, contrariamente al sepolcro aperto, è chiusa nella sua paura. In essa ci sono assenze che pesano. Contrariamente al sepolcro, Gesù è vivo e presente in mezzo alla comunità. La sua non è un’assenza colmata di segni che ne evocano la presenza. Gesù è presente nella Chiesa come forza che genera vita e che trasforma i testimoni oculari in ministri della misericordia. Gesù è nella Chiesa e partecipa ad essa la missione di essere nel mondo via di pace e di riconciliazione.
Gesù afferma la sua presenza che non è vincolata al permesso accordatogli dagli uomini. La Chiesa è sua e la sua presenza è stabile, centrale e sorgente di benedizione. Gesù non è un fantasma o uno spirito, ma egli è nella Chiesa presente con il suo corpo, tant’è che mostra le ferite della passione impresse nelle mani e nel costato. Con questo gesto Gesù fa memoria del suo sacrificio sulla croce dal quale è scaturita la benedizione di Dio simboleggiati dal dono dello Spirito e dall’acqua e sangue sgorgati dal costato aperto. Il mostrare le piaghe del suo corpo e il soffiare rimandano al momento della morte di Gesù, quando consegnò lo Spirito e il soldato gli aprì il costato da cui uscì sangue e acqua. Gesù nell’ora della morte afferma che tutta la Scrittura è ormai compiuta. La consegna dello Spirito è l’atto con il quale si compie la volontà del Padre e ciò per cui egli era stato inviato nel mondo. Gesù è mandato dal Padre non per condannare ma per salvare. Innalzato sulla croce attira tutti a sé. Gesù non è stato portato via ma è stato innalzato verso il Padre. Egli non è stato portato via, ma è diventato «Via» verso il Padre suo e Padre nostro, Dio suo e Dio nostro. Il dono dello Spirito Santo è dato ai discepoli perché essi, credendo, partecipino alla stessa missione del Maestro. Come Gesù è stato inviato dal Padre per condurre a Lui tutti i figli dispersi, così anche i discepoli, riuniti attorno a Gesù diventano missionari del perdono affinché tutti, credendo, possano ricevere il dono della salvezza, la vita eterna.
Sulla croce Gesù è stato consacrato Sacerdote, l’unico che con l’offerta della sua vita ha permesso la purificazione di tutti gli uomini e la loro riconciliazione con il Padre. Con la sua morte Gesù è diventato fratello di ogni uomo offrendoci la possibilità di diventare figli di Dio. Il perdono dei peccati, mediante l’effusione dello Spirito dalla croce, ci ha fatto rinascere come figli di Dio. Questo dono diventa anche missione verso gli altri fratelli condividendo con loro il dono della misericordia di Dio. La benedizione, il gesto di alitare e la parola che lo spiega, rivelano e comunicano ai discepoli la stessa missione di Gesù nel mondo. La vocazione dei discepoli è quella di rendere visibile a tutti la misericordia di Dio e offrire i benefici del perdono.
La testimonianza della propria esperienza con Gesù risorto non è il contenuto essenziale della missione ma la spinta iniziale ad andare dai fratelli per camminare insieme incontro a lui. Il cuore della fede non è l’esperienza dei singoli, ma l’incontro con Cristo risorto che viene a farsi toccare e così introdurci nel grande mistero dell’amore di Dio attraverso le sue ferite. Questo avviene la domenica nell’eucaristia. Gesù prende la nostra mano, come quella di Tommaso perché il contatto con la sua carne apra gli occhi non solamente per riconoscere che la resurrezione è un fatto storico ma che ha valore per me anche oggi. Oggi riconosco quanto è grande l’amore di Dio per me: ha dato suo Figlio per salvarmi e riconciliarmi con Lui.
MEDITATIO – Gemelli diversi
La pagina del vangelo di Giovanni narra ciò che avviene nel primo giorno della settimana, che noi chiamiamo domenica. Gesù prima si è rivelato a Maria Maddalena presso il giardino dove si trovava la tomba poi, la sera dello stesso giorno e dopo otto giorni, ai discepoli che invece erano chiusi nel cenacolo. I cristiani vivono la domenica come il giorno santo nel quale incontrarsi per incontrare Gesù. É lui il centro della comunità. L’evangelista lo ribadisce chiaramente quando ripete che Gesù «venne, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: “Pace a voi”». La presenza di Gesù cambia la fisionomia di quell’assemblea. La Chiesa, infatti, non si autoconvoca e non si riunisce semplicemente per stare insieme o farsi compagnia illudendosi in questo modo di potersi difendere dalle minacce esterne. Le porte chiuse del cenacolo indicano una comunità ripiegata su sé stessa e preoccupata solo dell’autoconservazione. I discepoli sono accomunati dalla medesima paura ma questo non significa che sono uniti. La differenza tra la comunità prima e dopo l’incontro con Cristo sta nell’essere concordi e unanimi. Il vero volto della Chiesa è fatto da uomini e donne che, incontrando Gesù, si lasciano cambiare il cuore e con esso il proprio modo di pensare e di vivere. La concordia e l’unanimità sono le caratteristiche di una Chiesa in festa perché attinge dalla mensa eucaristica i beni spirituali necessari per condividere con i fratelli anche i beni materiali. La domenica è il giorno della festa e della famiglia perché nell’incontro con Gesù condividiamo con lui la gioia dello Spirito e ci scambiamo come fratelli il dono della Pace. Il corpo di Gesù, che supera le barriere del tempo e dello spazio, non solamente viene mostrato ma anche donato. Attraverso la sua parola, simboleggiata dall’alito, Gesù ci dona lo Spirito Santo affinché il nostro corpo, come quello suo, comunichi agli altri il bene della gioia con lo sguardo benevolo, l’ascolto attento, le parole benedicenti, i contatti delicati e rispettosi.
L’incontro con Gesù nell’eucaristia domenicale è una forte esperienza di fede che inizia col vedere, prima forma di contatto, e che poi giunge al toccare il suo corpo non per afferrarlo, ma per riceverlo in dono. Questo perché non rimaniamo spettatori distanti che provano momentaneamente l’emozione della gioia ma che non sono capaci di comunicarla agli altri. Sapere che il Signore ci ha amato fino a morire per noi può commuoverci come quando vediamo un film, ma non convertirci. Tommaso, detto Dìdimo, che significa gemello, è il fratello che ci rimanda alla realtà dei fatti e ridimensiona l’euforia dell’evento. La gioia è cosa diversa dall’entusiasmo. La fede non si trasmette attraverso riti collettivi e neanche attraverso meeting di massa, ma mediante il contatto personale, corpo a corpo, cuore a cuore, vita a vita.
Tommaso da una parte è il nostro fratello gemello che stigmatizza il fatto di vivere la fede semplicemente nella sua dimensione cerebrale e rituale e rivendica il bisogno di fare esperienze concrete e dirette con Gesù che coinvolgano tutti i sensi; dall’altra ci mostra che diventare credenti significa diventare fratelli gemelli di Gesù. Tommaso, con la sua professione di fede, è modello del cristiano che è tale non perché è membro di un gruppo di fratelli, ma perché vuole appartenere a Cristo ed essergli gemello in morte e in vita.
ORATIO
Signore Gesù, che vieni a visitare i tuoi fratelli
per portare loro la pace,
entra anche nel mio cuore indurito dalla paura
e guariscilo con il dono del tuo Spirito.
Grazie per la delicatezza
con la quale ti fai presente,
dolce e discreto ospite dei miei giorni.
Sii tu il centro del mio tempo
e la tua parola sia sorgente continua
d’ispirazione delle mie scelte.
Le ferite del tuo corpo
sono i sigilli di autenticità
del tuo amore per me.
Eterna è la tua misericordia!
In essa possa trovare rifugio
e forza per ricominciare.
Purifica e aumenta la mia fede,
conquistami con il tuo amore
affinché il mio cuore appartenga a te.
Signore Gesù,
vieni in mezzo ai tuoi discepoli,
vittime della paura,
vieni e rimani con noi
che siamo separati in casa,
vieni e dona la Pace a noi che siamo
ricchi d’orgoglio e poveri d’umiltà.
Come in uno specchio mostrami
la bruttura del peccato
perché sia spezzato l
’incantesimo ingannevole
dell’ambizione e dell’avidità.
Guarisci con il balsamo della misericordia
le ferite del peccato,
avvolgimi con il manto regale
della vera libertà
per ricevere sul capo l
a corona di gloria
che non appassisce.
Lo Spirito Santo,
come olio di letizia,
scenda e ci unga
consacrandoci per la missione
di essere collaboratori della gioia
dei nostri fratelli
privi di ogni desiderio di vana gloria
ma unicamente fedeli
al comandamento dell’amore fraterno.
Accresci in noi la fede
affinché non facciamo finta di amare,
cercando solamente il nostro interesse,
ma aiutaci a offrire i nostri corpi perché,
mediante la tua intercessione, l
a nostra vita sia un sacrificio gradito a Dio
per il bene nostro e di tutta la tua santa Chiesa.
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