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VI DOMENICA DEL TEMPO ORDINARIO (ANNO B)

Lectio divina

Lv 13,1-2.45-46   Sal 31   1Cor 10,31-11,1

Padre, che nel tuo Figlio crocifisso

annulli ogni separazione e distanza,

aiutaci a scorgere nel volto di chi soffre

l’immagine stessa di Cristo,

per testimoniare ai fratelli la tua misericordia.

Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,

e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,

per tutti i secoli dei secoli.


Dal libro del Levìtico Lv 13,1-2.45-46

Il lebbroso se ne starà solo, abiterà fuori dell’accampamento

Il Signore parlò a Mosè e ad Aronne e disse:

«Se qualcuno ha sulla pelle del corpo un tumore o una pustola o macchia bianca che faccia sospettare una piaga di lebbra, quel tale sarà condotto dal sacerdote Aronne o da qualcuno dei sacerdoti, suoi figli.

Il lebbroso colpito da piaghe porterà vesti strappate e il capo scoperto; velato fino al labbro superiore, andrà gridando: “Impuro! Impuro!”.

Sarà impuro finché durerà in lui il male; è impuro, se ne starà solo, abiterà fuori dell’accampamento».

La corruzione dl peccato denunciata dalla lebbra

Nella cultura di tutti i popoli la lebbra è considerata la malattia più grave perché provocava effetti disgustosi ed era considerata contagiosa. L’Antico Testamento considera spesso la lebbra sul piano teologico quale castigo di Dio per il peccato. È la punizione inflitta agli egiziani che hanno commesso angherie contro Israele (cf. Es 9,9-11) ed è minacciata contro Israele se sarà infedele (cf. Dt 28,27). Sul corpo dei lebbrosi le ulcere costituivano così il marchio ignominioso del loro peccato. Per questo motivo le leggi della purità rituale imponeva il loro isolamento con la triste conseguenza del rigetto e dell’emarginazione in nome di Dio.

Nella lettura sono esposte le disposizioni vigenti in Israele nei confronti di questi ammalati. Era compito dei sacerdoti stabilire chi fosse affetto da lebbra e prendere la decisione di allontanarlo dalla comunità (vv. 1-2). Colui che presentava sintomi sospetti non poteva più mettere piede nel villaggio, era mandato a vivere in grotte nei boschi, doveva portare vesti sbrindellate, non si pettinava, così poteva essere immediatamente riconosciuto, anche da lontano. Se per caso si imbatteva in qualcuno, io lebbroso doveva gridare: «Sono immondo! Sono immondo!» (vv. 45-46). Queste disposizioni possono apparire precauzioni di ordine igienico per evitare il contagio, ma l’emarginazione era determinata soprattutto da un’altra ragione, una ragione teologica: i lebbrosi erano ritenuti maledetti da Dio.

Salmo responsoriale Sal 31

Tu sei il mio rifugio, mi liberi dall’angoscia.

Beato l’uomo a cui è tolta la colpa

e coperto il peccato.

Beato l’uomo a cui Dio non imputa il delitto

e nel cui spirito non è inganno.

Ti ho fatto conoscere il mio peccato,

non ho coperto la mia colpa.

Ho detto: «Confesserò al Signore le mie iniquità»

e tu hai tolto la mia colpa e il mio peccato.

Rallegratevi nel Signore ed esultate, o giusti!

Voi tutti, retti di cuore, gridate di gioia!

Dalla prima lettera di san Paolo apostolo ai Corìnzi 1Cor 10,31-11,1

Diventate miei imitatori come io lo sono di Cristo.

Fratelli, sia che mangiate sia che beviate sia che facciate qualsiasi altra cosa, fate tutto per la gloria di Dio.

Non siate motivo di scandalo né ai Giudei, né ai Greci, né alla Chiesa di Dio; così come io mi sforzo di piacere a tutti in tutto, senza cercare il mio interesse ma quello di molti, perché giungano alla salvezza.

Diventate miei imitatori, come io lo sono di Cristo.

Il bene comune, criterio di discernimento tra ciò che è legittimo e ciò che è giusto

Paolo risponde al quesito se sia lecito mangiare le carni avanzate dai sacrifici dei templi pagani. Qualcuno rispondeva di sì perché giustamente credeva che esistesse solo un Dio, quello di Gesù Cristo e che gli idoli non esistono. Tuttavia, questa pratica suscitava scandalo in alcuni altri. L’apostolo coglie l’occasione per offrire un criterio di discernimento tra ciò che è lecito e quello che è giusto. È giusto solo ciò che risponde al bene comune e non semplicemente a quello individuale, anche se legittimo. Come Gesù, anche paolo ha anteposto al suo utile personale il bene comune, considerando innanzitutto la condizione dei più deboli. La Chiesa, infatti non è una comunità di elìte composta da perfetti, ma è una famiglia in cui ci si aiuta insieme a crescere nella fede aspettandosi a vicenda con pazienza e benevolenza.

+ Dal Vangelo secondo Marco (Mc 1,40-45)

La lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato.

In quel tempo, venne da Gesù un lebbroso, che lo supplicava in ginocchio e gli diceva: «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ne ebbe compassione, tese la mano, lo toccò e gli disse: «Lo voglio, sii purificato!». E subito la lebbra scomparve da lui ed egli fu purificato.

E, ammonendolo severamente, lo cacciò via subito e gli disse: «Guarda di non dire niente a nessuno; va’, invece, a mostrarti al sacerdote e offri per la tua purificazione quello che Mosè ha prescritto, come testimonianza per loro».

Ma quello si allontanò e si mise a proclamare e a divulgare il fatto, tanto che Gesù non poteva più entrare pubblicamente in una città, ma rimaneva fuori, in luoghi deserti; e venivano a lui da ogni parte.

LECTIO

«Venne da Gesù un lebbroso». L’incontro tra Gesù e il lebbroso non avviene per caso, ma perché il malato di lebbra si presenta a Gesù. Presumibilmente l’incontro avviene fuori del centro abitato, in luoghi deserti, lì dove dovevano stare i lebbrosi, come prescrive la legge (Lv 13,46). Mosè aveva anche comandato che se qualcuno avesse avuto la piaga della lebbra avrebbe dovuto essere condotto dal sacerdote Aronne o da qualcuno dei sacerdoti suoi figli (Lv 13,2). Il lebbroso va da Gesù come se riconoscesse in lui una dignità sacerdotale, cioè capace di essere mediatore presso Dio della sua purificazione. Infatti, egli lo supplica: «Se vuoi puoi purificarmi». Il lebbroso, consapevole della sua condizione d’infermità e pur accettando la legge che gli imponeva di non partecipare insieme con il resto della comunità alla preghiera, non rinuncia a pregare. Dal profondo della sua condizione eleva la supplica nello stesso modo in cui l’avrebbe fatta stando nel tempio o davanti ad un sacerdote.

La legge del Levitico prescriveva che il lebbroso dovesse portare le vesti stracciate, il capo scoperto e velare solo la bocca gridando: «Impuro! Impuro!» (Lv 13,45). Le sue vesti e la sua voce dovevano essere un’autodenuncia del suo stato d’impurità. Invece il nostro lebbroso si lascia ispirare più dal salmo 31 che dalla legge. La testimonianza del salmista si applica bene al lebbroso del vangelo: «Ti (Dio) ho fatto conoscere il mio peccato, non ho coperto la mia colpa. Ho detto: “Confesserò al Signore le mie iniquità” e tu hai tolto la mia colpa e il mio peccato». «Se vuoi, puoi purificarmi!». Ciò che confessa il lebbroso non è tanto il suo peccato che, nei suoi effetti corruttivi è già evidente, ma la sua fede nella volontà e nella possibilità che Dio lo possa risanare purificandolo. Quest’uomo si confessa innanzitutto non nascondendosi da Dio, ma cercandolo e mostrandosi a Lui. La speranza di essere purificato prevale sulla disperazione del senso di colpa. Il corpo piagato dalla lebbra già denuncia il peccato ma solo i gesti e la parola del lebbroso rivelano il desiderio di salvezza che c’è nel suo cuore.

L’evangelista Marco di Gesù rivela innanzitutto la sua compassione. La compassione è l’emozione profonda contraria al disgusto. Il rigetto segnala la necessità dell’allontanamento da un pericolo e, come forma di difesa, porta all’indifferenza. La compassione è la condivisione interiore del dolore dell’altro che induce ad avvicinarsi e a prendersi cura. È il sentimento tipico della mamma capace di rispondere al grido di aiuto di chi invoca la pietà. Come il grembo di una madre accoglie la vita e poi nel dolore la partorisce perché nasca il figlio, così la compassione è apertura accogliente al piccolo perché possa rinascere come uomo. Dalla compassione derivano i gesti e le parole. La mano tesa per toccare l’intoccabile rivelano ancora la prossimità di Dio. Il significato del gesto è spiegato dalle parole di Gesù che rispondono direttamente all’appello del lebbroso: «Lo voglio, sii purificato!». La compassione nasce dal cuore che non cerca il suo interesse ma quello dell’altro, soprattutto se è povero, privo di tutto. Il peccato impoverisce e rende povera la relazione con Dio, ovvero la svuota del suo valore vitale. Riflesso della povera relazione con Dio è la relazione con gli altri uomini ferita dai colpi della logica utilitaristica dell’«usa e getta». Il contatto di Gesù non è semplice opera di chirurgia plastica che guarisce la sola superficie della pelle. Colmando la distanza che separa l’uomo da Dio, egli vuole riconciliare, ovvero rappacificare per ristabilire una relazione personale con Lui. Arricchita e valorizzata, la fede, quale rapporto filiale con Dio, diventa il modello da ricalcare nelle relazioni fraterne.

La mano tesa di Gesù vuole indicare il gesto di Dio di «coprire» il peccato, cioè di non tenerne conto, e il tocco rivela plasticamente la sua volontà di donargli lo Spirito Santo che purifica e perdona.

Scomparse le ferite della malattia, il corpo ritorna integro segno che è avvenuta la riconciliazione con Dio. La pace con Lui richiede che sia resa visibile mediante gesti pubblici, perché la fede, quale rapporto personale con Dio non si riduca ad una relazione privata, chiusa nell’intimismo devozionale. Se così fosse si correrebbe il rischio di vanificare la grazia di Dio. La scomparsa della lebbra e la purificazione non sono l’atto conclusivo dell’incontro e neanche risolutivo. La purificazione e la guarigione del lebbroso sono l’inizio di un cammino di fede e di conversione che porti a compimento ciò per cui Gesù è stato inviato. Da qui l’ammonimento severo di Gesù rivolto all’uomo appena sanato dalla lebbra. La riconciliazione con Dio non significa l’estirpazione della radice del peccato presente nel cuore dell’uomo, ma l’inizio di un cammino di liberazione. La vicinanza di Dio deve essere vissuta non come accondiscendenza o accomodamento, ma come una forte spinta ad andare oltre il proprio io egoista. Il severo comando di non parlare ad alcuno di lui e dell’accaduto è in linea con l’ordine di tacere imposto ai demoni. Il pericolo è quello di diventare falsi profeti che con le loro parole fuorvianti inducono a fraintendere le intenzioni di Dio e a deviare da quella condotta di vita che permette di realizzarla. Gesù non sta dicendo di non annunciare il vangelo di Dio, ma di proclamarlo con le scelte di vita ispirate alla Parola di Dio. La prima testimonianza è data dal cammino di obbedienza alla parola di Dio che passa attraverso la pratica rituale indicata dalla legge. Come la malattia della lebbra intacca i tessuti della pelle interrompendo i rapporti sociali e impedendo di vivere la dimensione comunitaria della fede, così il peccato corrompe la comunione con Dio e con la comunità ecclesiale. L’abbraccio della riconciliazione apre la via del ritorno nella casa dell’uomo perché in essa possano viversi relazioni d’amore fondate sull’offerta di sé. Gesù traccia una pista chiara per l’uomo purificato e riconciliato che deve seguire se veramente vuole essere un uomo libero.

La persona guarita non segue il comando di Dio e quella che gli pare essere un’opera evangelizzatrice invece diventa un’azione separatrice. L’effetto della disobbedienza è l’impossibilità di Gesù di entrare nelle città e pubblicamente annunciare il vangelo nelle sinagoghe come voleva fare. È costretto a rimanere ai margini, in luoghi deserti come i lebbrosi. Avviene una sorta di scambio tra Gesù e il lebbroso.

MEDITATIO

Scoprirsi davanti a Dio

«Il lebbroso se ne starà solo, abiterà fuori dell’accampamento» (Lv 13,46), questo prescriveva la legge di Mosè. Il lebbroso del vangelo va oltre la Legge; non si nasconde, ma cerca Gesù e si mostra a Lui. Prostrato davanti a lui non confessa il suo peccato, che nei suoi effetti corruttivi è già evidente, ma la sua speranza, ovvero la fiducia nella volontà e nella possibilità che Dio lo possa risanare. La speranza di essere purificato prevale sulla disperazione del senso di colpa (cf. Sal 31). Il corpo piagato dalla lebbra già denuncia il peccato ma solo i gesti e la parola del lebbroso rivelano il desiderio di salvezza che c’è nel suo cuore.  

Alla speranza del misero risponde la compassione di Gesù. La compassione è l’emozione profonda contraria al disgusto. La misericordia, quale contatto con il cuore del misero, induce alla prossimità, il disgusto, che scatta come meccanismo automatico di difesa per la paura, causa distanza. La mano tesa di Gesù vuole indicare il gesto di Dio di «coprire» il peccato (Sal 31), cioè di non tenerne conto, e il tocco rivela plasticamente la sua volontà di donargli lo Spirito Santo che purifica e perdona. Gesù non ha paura di contaminarsi col male, perché è immunizzato dallo Spirito Santo, ma sente il forte desiderio di contagiare di Vita con la sua santità. La mano tesa per toccare l’intoccabile rivela ancora la prossimità di Dio che comunica il suo amore. La compassione nasce dal cuore che non cerca il suo interesse ma quello dell’altro, soprattutto se è povero, privo di tutto (cf. 1 Cor 10,33).

Il contatto di Gesù non è semplice opera di chirurgia plastica che guarisce la sola superficie della pelle. Colmando la distanza che separa l’uomo da Dio, egli vuole riconciliare, ovvero rappacificare per ristabilire una relazione personale e di amore con Lui. Arricchita e valorizzata, la fede, quale rapporto filiale con Dio, diventa il modello da ricalcare nelle relazioni fraterne.

La purificazione e la guarigione del lebbroso sono l’inizio di un cammino di fede e di conversione che porti a compimento ciò per cui Gesù è stato inviato. La riconciliazione con Dio è l’inizio di un cammino di liberazione che punta alla comunione piena con Dio e i fratelli. Come la malattia della lebbra intacca i tessuti della pelle interrompendo i rapporti sociali e impedendo di vivere la dimensione comunitaria della fede, così il peccato corrompe la comunione con Dio e con la comunità ecclesiale. L’abbraccio della riconciliazione apre la via del ritorno nella casa dell’uomo perché in essa possano viversi relazioni d’amore fondate sull’offerta di sé. Gesù, che non è venuto ad abolire la legge ma a darne pieno compimento, traccia una pista chiara per l’uomo purificato e riconciliato che deve seguire se veramente vuole essere un uomo libero.

ORATIO

Davanti a Te mi scopro

Signore Gesù,

è bello scoprirmi davanti a te

che conosci tutto di me

e mi ami come sono.

Davanti a te,

a cui non è nascosta la mia miseria,

mi spoglio della paura e dell’orgoglio,

perché il mio cuore,

libero dalla vergogna,

speri nella tua misericordia.

Grazie, Signore Gesù,

tu vedi la mia vita in brandelli,

il tuo sguardo non mi umilia,

la tua compassione copre

le mie nudità,

mi abbracci donandomi il tuo Spirito,

mi risollevi e mi spingi con forza

per iniziare con te un itinerario

di purificazione e rinnovamento.

Ricoperto della tua luce,

aiutami a voler rinascere,

e a prendermi cura del mio cuore

perché sia tenero e delicato

come la pelle di un bambino.

Percorrendo la via degli uomini,

mi basti la tua grazia;

essa mi aiuti a scoprirmi

anche davanti ai fratelli

per vantarmi

della mia debolezza

nella quale si manifesta

pienamente la tua forza.

Amen.