Maria ha scelto la parte buona che non le sarà tolta
«Nel cammino sinodale l’icona biblica alla quale stiamo attingendo è collocata a Betania, nella casa di Lazzaro, Marta e Maria (Lc 10,38-42): il dialogo tra Gesù e le due sorelle continua a essere dialogo e servizio tra Gesù e noi, tra noi e il mondo» (Dal Messaggio per la Quaresima 2023 dell’Arcivescovo)
O Padre,
nella casa di Betania tuo Figlio Gesù
ha conosciuto il premuroso servizio di Marta e l’adorante silenzio di Maria:
fa’ che nulla anteponiamo all’ascolto della sua parola.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 10, 38-42)
38Mentre erano in cammino, entrò in un villaggio e una donna, di nome Marta, lo ospitò . 39Ella aveva una sorella, di nome Maria, la quale, seduta ai piedi del Signore, ascoltava la sua parola. 40Marta invece era distolta per i molti servizi. Allora si fece avanti e disse: “Signore, non t’importa nulla che mia sorella mi abbia lasciata sola a servire? Dille dunque che mi aiuti”. 41Ma il Signore le rispose: “Marta, Marta, tu ti affanni e ti agiti per molte cose, 42ma di una cosa sola c’è bisogno . Maria ha scelto la parte migliore, che non le sarà tolta”.
Àmati e làsciati amare
Le due sorelle, come fa Abramo, riconoscono nel viandante il Signore che si fa prossimo. Tuttavia, Marta si prende cura dell’ospite mettendo al centro sé stessa. Questo causa la sua ansia che si traduce in un atteggiamento risentito. Maria, invece, interpreta l’amore al prossimo come relazione personale. Maria insegna alla Marta presente in ciascuno di noi che l’ascolto della Parola è la prima forma di amore a Dio e a sé stessi. Intrattenersi con Gesù nella preghiera è la condizione indispensabile per amare il prossimo e servirlo con amore. Dio si fa prossimo nel pellegrino che incrocia le nostre strade e che ci rammenda la nostra medesima condizione di viandanti. Siamo sempre in cammino guidati dalla Parola di Dio che ci fa nota la vocazione alla santità e come realizzarla. Prima di ogni altra cosa c’è l’ascolto, di Dio, di sé stessi e degli altri. Mai come in questi tempi, in cui la storia sembra avere un passo troppo veloce e non riusciamo a stare dietro ai continui cambiamenti, c’è bisogno di ascolto stando seduti, in un dialogo faccia a faccia con il nostro interlocutore. Da dove iniziare? L’ascolto quotidiano della Parola di Dio e il confronto con Lui ci aiuta a comprendere cosa significa amare sé stessi e come amare il prossimo. Dio educa a conoscerci e ad amarci senza giudicare o colpevolizzare. Non deve trarre in inganno il silenzio di Maria che non è in alcun modo inerzia o passività. Al contrario, il silenzio del discepolo è il linguaggio dell’amore mite e umile molto più eloquente delle parole di Marta che tradiscono la presunzione e l’aggressività proprie di chi è in ansia. Il primo gesto di ospitalità è accogliere l’altro nello spazio del proprio cuore. La compassione fa pulizia di pensieri giudicanti che invece tendono ad occupare tutti gli spazi della nostra mente con preoccupazioni legittime, forse, ma invadenti. Per reggere il peso della missione dobbiamo esercitare il cuore all’ascolto. Nella preghiera Dio si prende cura di noi, fascia le ferite delle paure e delle ansie, rinfranca il nostro spirito con la consolazione. Nella misura in cui ci lasciamo nutrire dalla Parola potremo essere cibo nutriente per gli altri. Come ci lasciamo amare, così saremo capaci di amare il prossimo. Con la docibilità con la quale ci lasciamo educare saremo in grado di essere maestri per i fratelli perché testimoni della potenza della Parola che trasforma la nostra povertà in ricchezza per tutti.
Signore Gesù, che ti fai pellegrino tra le strade degli uomini per incrociare i nostri sentieri di vita, spesso stretti, contorti e bui, condividi con noi la fatica di stare al passo con questo tempo caratterizzato da cambiamenti repentini. Insegnaci a saper abitare la nostra casa comune e a farne un luogo ospitale nella quale sostare per gustare insieme, nell’ascolto umile e docile della tua Parola, la dolcezza della tua presenza in mezzo a noi. Guarisci le nostre ansie e liberaci dalle paure che ci rendono miopi nel riconoscere la bellezza che ci circonda e scontrosi verso i nostri fratelli. Donaci un cuore aperto all’ascolto della tua Parola affinché, formati dalla preghiera costante e sincera, possiamo essere nell’agitazione affannosa del mondo portatori del respiro dello Spirito che riconcilia i litiganti e offre l’opportunità di riscatto a chi è caduto nella trappola dell’orgoglio.
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 17, 1-8)
1Sei giorni dopo, Gesù prese con sé Pietro, Giacomo e Giovanni suo fratello e li condusse in disparte, su un alto monte. 2E fu trasfigurato davanti a loro: il suo volto brillò come il sole e le sue vesti divennero candide come la luce. 3Ed ecco, apparvero loro Mosè ed Elia, che conversavano con lui. 4Prendendo la parola, Pietro disse a Gesù: “Signore, è bello per noi essere qui! Se vuoi, farò qui tre capanne, una per te, una per Mosè e una per Elia”. 5Egli stava ancora parlando, quando una nube luminosa li coprì con la sua ombra. Ed ecco una voce dalla nube che diceva: “Questi è il Figlio mio, l’amato: in lui ho posto il mio compiacimento. Ascoltatelo”. 6All’udire ciò, i discepoli caddero con la faccia a terra e furono presi da grande timore. 7Ma Gesù si avvicinò, li toccò e disse: “Alzatevi e non temete”. 8Alzando gli occhi non videro nessuno, se non Gesù solo.
«Anche se i nostri impegni ordinari ci chiedono di rimanere nei luoghi di sempre, vivendo un quotidiano spesso ripetitivo e a volte noioso, in Quaresima siamo invitati a “salire su un alto monte” insieme a Gesù, per vivere con il Popolo santo di Dio una particolare esperienza di ascesi. L’ascesi quaresimale è un impegno, sempre animato dalla Grazia, per superare le nostre mancanze di fede e le resistenze a seguire Gesù sul cammino della croce. Proprio come ciò di cui aveva bisogno Pietro e gli altri discepoli. Per approfondire la nostra conoscenza del Maestro, per comprendere e accogliere fino in fondo il mistero della salvezza divina, realizzata nel dono totale di sé per amore, bisogna lasciarsi condurre da Lui in disparte e in alto, distaccandosi dalle mediocrità e dalle vanità…
Analogamente all’ascesa di Gesù e dei discepoli al Monte Tabor, possiamo dire che il nostro cammino quaresimale è “sinodale”, perché lo compiamo insieme sulla stessa via, discepoli dell’unico Maestro. Sappiamo, anzi, che Lui stesso è la Via, e dunque, sia nell’itinerario liturgico sia in quello del Sinodo, la Chiesa altro non fa che entrare sempre più profondamente e pienamente nel mistero di Cristo Salvatore…
Il cammino ascetico quaresimale e, similmente, quello sinodale, hanno entrambi come meta una trasfigurazione, personale ed ecclesiale. Una trasformazione che, in ambedue i casi, trova il suo modello in quella di Gesù e si opera per la grazia del suo mistero pasquale. Affinché tale trasfigurazione si possa realizzare in noi quest’anno, vorrei proporre due “sentieri” da seguire per salire insieme a Gesù e giungere con Lui alla meta…
La Quaresima è tempo di grazia nella misura in cui ci mettiamo in ascolto di Lui che ci parla. E come ci parla? Anzitutto nella Parola di Dio, che la Chiesa ci offre nella Liturgia: non lasciamola cadere nel vuoto; se non possiamo partecipare sempre alla Messa, leggiamo le Letture bibliche giorno per giorno, anche con l’aiuto di internet. Oltre che nelle Scritture, il Signore ci parla nei fratelli, soprattutto nei volti e nelle storie di coloro che hanno bisogno di aiuto. Ma vorrei aggiungere anche un altro aspetto, molto importante nel processo sinodale: l’ascolto di Cristo passa anche attraverso l’ascolto dei fratelli e delle sorelle nella Chiesa, quell’ascolto reciproco che in alcune fasi è l’obiettivo principale ma che comunque rimane sempre indispensabile nel metodo e nello stile di una Chiesa sinodale…
Ecco la seconda indicazione per questa Quaresima: non rifugiarsi in una religiosità fatta di eventi straordinari, di esperienze suggestive, per paura di affrontare la realtà con le sue fatiche quotidiane, le sue durezze e le sue contraddizioni. La luce che Gesù mostra ai discepoli è un anticipo della gloria pasquale, e verso quella bisogna andare, seguendo “Lui solo”» (Ascesi quaresimale, itinerario sinodale. Messaggio di Papa Francesco per la Quaresima 2023)
O Padre,
che ci chiami ad ascoltare il tuo amato Figlio,
guidaci con la tua parola,
perché purificati interiormente,
possiamo godere la visione della tua gloria.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.
Nei cantieri del mondo
«Tutti ci rendiamo conto che il tempo che stiamo vivendo, così duro, sofferto e conflittuale, ha bisogno di essere ascoltato nei suoi lamenti, nelle sue grida, nel sangue versato, nella distruzione di intere città attraverso guerre fratricide e assurde. Ma anche attraverso il grido della terra che scuote tutto, radendo al suolo tante città e seppellendo decine di migliaia di persone» (Dal Messaggio per la Quaresima 2023 dell’Arcivescovo)
O Dio, che ti fai conoscere da coloro che ti cercano con cuore sincero, donaci la sapienza del tuo Spirito, perché possiamo diventare veri discepoli di Cristo tuo Figlio, vivendo ogni giorno il Vangelo della Croce.
Egli è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 14, 25-35)
25Una folla numerosa andava con lui. Egli si voltò e disse loro: 26“Se uno viene a me e non mi ama più di quanto ami suo padre, la madre, la moglie, i figli, i fratelli, le sorelle e perfino la propria vita, non può essere mio discepolo. 27Colui che non porta la propria croce e non viene dietro a me, non può essere mio discepolo.
28Chi di voi, volendo costruire una torre, non siede prima a calcolare la spesa e a vedere se ha i mezzi per portarla a termine? 29Per evitare che, se getta le fondamenta e non è in grado di finire il lavoro, tutti coloro che vedono comincino a deriderlo, 30dicendo: “Costui ha iniziato a costruire, ma non è stato capace di finire il lavoro”. 31Oppure quale re, partendo in guerra contro un altro re, non siede prima a esaminare se può affrontare con diecimila uomini chi gli viene incontro con ventimila? 32Se no, mentre l’altro è ancora lontano, gli manda dei messaggeri per chiedere pace. 33Così chiunque di voi non rinuncia a tutti i suoi averi, non può essere mio discepolo.
34Buona cosa è il sale, ma se anche il sale perde il sapore, con che cosa verrà salato? 35Non serve né per la terra né per il concime e così lo buttano via. Chi ha orecchi per ascoltare, ascolti”.
Le condizioni per vivere l’apprendistato della santità
Gesù detta le condizioni per le quali dirsi suoi discepoli e al contempo ne traccia i lineamenti essenziali. Il cristiano è discepolo se è disposto ad imparare dal Maestro il cui insegnamento non è riducibile a nozioni astratte ma verte essenzialmente sulla relazione spirituale con lui. Nel rapporto con Gesù è coinvolto innanzitutto il cuore affinché il discepolo possa fare suoi i sentimenti del Maestro. Luca usa il verbo «odiare» o «detestare» ma che, per non urtare la sensibilità del lettore, il traduttore ha reso con «amare più di me». Essere cristiano comporta sempre una crisi, ovvero una scelta netta e radicale che segna una rottura definitiva con l’uomo vecchio segnato da logiche mondane che appartengono al passato. Scegliere di amare Gesù significa puntare in alto con la conseguenza di ordinare verso di Lui tutti gli altri beni, effettivi e affettivi, che compongono la nostra vita. L’amore a Gesù non esclude quello alle persone più care ma, al contrario, lo ancora saldamente a Colui che ci ama per primo ed è la fonte dell’Amore. Mettere Gesù prima di qualsiasi altra cosa vuol dire porlo a fondamento e presupposto di ogni scelta d’amore; significa rinunciare a recitare nella vita la parte del protagonista per affidarla invece allo Spirito Santo. È Lui che guida, orienta, sostiene, corregge il tiro affinché possiamo fare della nostra vita un dono per gli altri e vivere veramente come il Maestro insegna. Lo Spirito Santo è il nostro Maestro interiore che ci aiuta a discernere le scelte più opportune al fine di rimanere sulla strada della nostra vocazione alla sequela di Cristo e giungere con Lui alla gloria, ovvero alla misura alta dell’amore. L’obbiettivo è diventare santi e per raggiungerlo Gesù ci avverte di fare bene i calcoli e valutare le condizioni, la prima delle quali è la necessità di accettare di essere derisi, vilipesi, perseguitati, non accettati, contrastati nella volontà di aderire a Cristo e vivere come Lui. Gesù mette in chiaro che essere cristiani non significa mettere al sicuro la propria vita ma metterla in gioco insieme a Lui. C’è un rischio da correre e prove da attraversare, ma ci assicura di essere accompagnati sempre da Lui che ci guida. Il vero fallimento sarebbe lasciare il cammino cristiano iniziato perché ci ritroviamo sprovvisti di quella forza necessaria per andare avanti, fino al compimento del nostro destino, che è lo Spirito Santo.
Signore Gesù, maestro e guida sulla via della santità, indicami sempre la vetta dell’amore verso cui orientare il desiderio del cuore perché le logiche mondane non corrompano il legame spirituale che mi unisce a Te e le resistenze, opposte da coloro che sono estranei alla fede, non mi scoraggino nel proseguire la sequela dietro a Te. Donami il tuo Spirito di prudenza e di saggezza perché, rifuggendo la tentazione di anteporre le mie attese al tuo volere, possa discernere la tua volontà subordinando ad essa la mia. Fammi sentire il tuo sostegno nella solitudine, il tuo incoraggiamento quando avverto il senso di impotenza o di fallimento. Alimenta la speranza nella delusione e fa ardere il cuore della tua carità per orientarmi nell’incertezza di fronte alle scelte importanti della vita e all’assunzione di responsabilità di servizio.
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 7, 15-27)
15Guardatevi dai falsi profeti, che vengono a voi in veste di pecore, ma dentro sono lupi rapaci! 16Dai loro frutti li riconoscerete. Si raccoglie forse uva dagli spini, o fichi dai rovi? 17Così ogni albero buono produce frutti buoni e ogni albero cattivo produce frutti cattivi; 18un albero buono non può produrre frutti cattivi, né un albero cattivo produrre frutti buoni. 19Ogni albero che non dà buon frutto viene tagliato e gettato nel fuoco. 20Dai loro frutti dunque li riconoscerete.
21Non chiunque mi dice: “Signore, Signore”, entrerà nel regno dei cieli, ma colui che fa la volontà del Padre mio che è nei cieli. 22In quel giorno molti mi diranno: “Signore, Signore, non abbiamo forse profetato nel tuo nome? E nel tuo nome non abbiamo forse scacciato demòni? E nel tuo nome non abbiamo forse compiuto molti prodigi?”. 23Ma allora io dichiarerò loro: “Non vi ho mai conosciuti. Allontanatevi da me, voi che operate l’iniquità!”.
24Perciò chiunque ascolta queste mie parole e le mette in pratica, sarà simile a un uomo saggio, che ha costruito la sua casa sulla roccia. 25Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ma essa non cadde, perché era fondata sulla roccia. 26Chiunque ascolta queste mie parole e non le mette in pratica, sarà simile a un uomo stolto, che ha costruito la sua casa sulla sabbia. 27Cadde la pioggia, strariparono i fiumi, soffiarono i venti e si abbatterono su quella casa, ed essa cadde e la sua rovina fu grande”.
Il fumo dell’apparenza intossica, i frutti dello Spirito fanno gioire il cuore
Per giungere in un luogo a noi sconosciuto abbiamo bisogno di qualcuno che ci indichi la strada, per riuscire in una impresa nella quale non ci siamo mai cimentati abbiamo bisogno di qualcuno che ci insegni come fare. Nella vita sperimentiamo sin dai primi istanti che non potremmo vivere se non fossimo aiutati da chi si prende cura di noi. Questo non vale solo per la vita biologica ma è una verità che abbraccia tutta l’esistenza e coinvolge ogni suo ambito. Il profeta è colui o colei che si affianca nel cammino di crescita di ciascuno come genitore, educatore, insegnante, fratello o sorella, oppure amico, collega, compagno. Tuttavia, se è vero che da tutti si può attingere qualcosa di buono per diventare grandi, e soprattutto per imparare ad amare, è altrettanto vero che dobbiamo discernere ciò che ci fa bene e ciò che ci nuoce. Ci sono infatti relazioni che rischiano di intossicarci come quando mangiamo un cibo avariato. Senza saperlo possiamo essere indotti alla corruzione da coloro che si avvicinano a noi «in veste di pecore e invece sono lupi rapaci» perché ci rubano la gioia, la speranza e la lucidità mentale indispensabile per ragionare con la nostra mente in modo da fare scelte libere e consapevoli. L’amico sapiente non è colui che ha la risposta pronta per tutto, ma colui che la cerca insieme a te, non è quella persona che crea dipendenza, ma quella che ti fa esercitare nella giusta autonomia. Il vero profeta non ti colpevolizza ma ti permette di aprire gli occhi sugli errori e al tempo stesso ti aiuta ad imparare da essi. Il falso uomo di Dio è quello che asseconda l’altro per non contrariarlo, accontenta per non deluderlo, seduce per tenerlo legato a sé, dissimula per interesse. Quando in una relazione c’è intimità e schiettezza, conflittualità ma anche complicità, diversità e libertà, allora l’albero è buono perché produce i frutti buoni della pazienza, della fedeltà, della gratuità, della compassione.
Signore Gesù, Tu che sei l’Albero della vita piantato da Dio al centro del mondo, la tua Parola possa mettere radici nel mio cuore. Da esso possano nascere i frutti buoni della carità, della mitezza, dell’umiltà. Illumina la mia mente perché, andando oltre le foglie dell’apparenza destinate alla distruzione, possa cogliere il frutto della vita che Tu stesso mi porgi dal legno della croce. Aiutami a riconoscere gli inganni dei falsi profeti e nella loro condotta di vita possa trovare motivo per esaminare me stesso e umilmente confessare davanti a Te i miei peccati. Converti il mio cuore e rendilo più docile alla voce del pastore e maggiormente reattivo davanti agli scandali dei mercenari.
Dalla Prima Lettera ai Corinti (1Cor 3, 10-15)
10Secondo la grazia di Dio che mi è stata data, come un saggio architetto io ho posto il fondamento; un altro poi vi costruisce sopra. Ma ciascuno stia attento a come costruisce. 11Infatti nessuno può porre un fondamento diverso da quello che già vi si trova, che è Gesù Cristo. 12E se, sopra questo fondamento, si costruisce con oro, argento, pietre preziose, legno, fieno, paglia, 13l’opera di ciascuno sarà ben visibile: infatti quel giorno la farà conoscere, perché con il fuoco si manifesterà, e il fuoco proverà la qualità dell’opera di ciascuno. 14Se l’opera, che uno costruì sul fondamento, resisterà, costui ne riceverà una ricompensa. 15Ma se l’opera di qualcuno finirà bruciata, quello sarà punito; tuttavia egli si salverà, però quasi passando attraverso il fuoco.
Le prove della vita sono una verifica della consistenza della nostra fede, ovvero se radichiamo la nostra esistenza su Cristo e crediamo nel Vangelo oppure attacchiamo il cuore a ciò che è destinato a perire e diventiamo come «pula che il vento disperde» (Sal 1). Tutto quello che facciamo come risposta all’amore di Dio, che ci chiama a collaborare alla sua opera di salvezza, ha il sigillo di eternità perché la Parola di Dio rimane in eterno e ciò che corrisponde alla sua volontà si compie.
Ispira, Signore, le nostre azioni e accompagnale con il tuo aiuto perché ogni nostra attività abbia da te il suo inizio e in Te il suo compimento. Per Cristo nostro Signore. Amen
Cantiere della pace
«La terra, il mare stanno diventando enormi cimiteri dove fosse comuni accolgono decine, centinaia, migliaia di corpi. Ci sono tanti giovani che hanno il coraggio di sfidare le dittature e le repressioni scendendo in piazza affinché la giustizia prevalga, la dignità della persona, soprattutto della donna, sia salvaguardata e promossa, la legge promuova la libertà per tornare a camminare insieme» (Dal Messaggio per la Quaresima 2023 dell’Arcivescovo)
Dio misericordioso e forte, che annienti le guerre e abbassi i superbi, allontana al più presto da noi [dall’umanità] orrori e lacrime, perché tutti possiamo essere chiamati veramente tuoi figli.
O Dio, autore e amante della pace, conoscerti è vivere, servirti è regnare; proteggi da ogni aggressione il popolo che ti invoca, perché, confidando nella tua difesa, non tema le armi di alcun nemico.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 21,5-11)
5Mentre alcuni parlavano del tempio, che era ornato di belle pietre e di doni votivi, disse: 6“Verranno giorni nei quali, di quello che vedete, non sarà lasciata pietra su pietra che non sarà distrutta”.
7Gli domandarono: “Maestro, quando dunque accadranno queste cose e quale sarà il segno, quando esse staranno per accadere?”. 8Rispose: “Badate di non lasciarvi ingannare. Molti infatti verranno nel mio nome dicendo: “Sono io”, e: “Il tempo è vicino”. Non andate dietro a loro! 9Quando sentirete di guerre e di rivoluzioni, non vi terrorizzate, perché prima devono avvenire queste cose, ma non è subito la fine”.
10Poi diceva loro: “Si solleverà nazione contro nazione e regno contro regno, 11e vi saranno in diversi luoghi terremoti, carestie e pestilenze; vi saranno anche fatti terrificanti e segni grandiosi dal cielo.
Vivere il cambiamento d’epoca
Gesù, come già aveva profetizzato Geremia, annuncia la distruzione del tempio. Il tempio nella storia ha subito tante trasformazioni quante sono state le crisi che l’hanno ferito. Le vicende del tempio narrano anche le vicissitudini d’Israele che nella sua storia annovera pesanti sconfitte ma anche molti interventi divini per salvarlo. Gesù, da vero profeta, rivela che nel dramma dell’uomo si consuma anche quello di Dio. Infatti, il Signore non è un avventore distante rispetto alle vicende dell’uomo, ma ne è pienamente partecipe perché lo ama di un amore fedele ed eterno e, in quanto tale, si unisce a lui per sempre.
La distruzione del tempio è profezia della morte di Gesù culmine dell’amore di Dio che non ha risparmiato suo Figlio, ma lo ha dato per tutti noi.
Gesù non sta rivelando nulla di misterioso, ma sta affermando un dato di fatto, diremmo una costante di questo mondo. Il prodotto dell’opera dell’uomo, fosse anche bellissimo, è destinato a finire, a consumarsi. Non serve sapere quando questo avverrà e quale segno avvertirà dell’arrivo dell’ora. In realtà questo avviene in ogni momento. Il mondo vecchio basato sull’apparire, il possedere, l’accumulare porta in sé la data di scadenza.
Già ora è il tempo del cambiamento e della trasformazione, oggi è il tempo del crollo delle false utopie, delle profezie menzoniere, delle strutture di potere a danno dei più deboli. È il tempo in cui è offerta la possibilità di ricominciare a vivere non inseguendo il trend del momento, ma partecipando con Gesù alla sua morte per rivivere con Lui nella vita eterna.
A coloro che apprezzano e lodano la mano dell’uomo capace di fare opere d’arte, ma anche di operare gravi disastri, Gesù sembra indicare la mano invisibile di Dio, che abbatte i superbi, distrugge le loro fragili opere e rialza i poveri per farli sedere sul suo trono di gloria. La mano di Dio si riconosce nella bellezza di chi si lascia edificare dal Signore come sua dimora. Chi vive il suo presente, anche se difficile e doloroso, confortato, corroborato e sostenuto dalla speranza, genera il suo futuro rimanendo fedele a Dio e perseverando nella carità fraterna. Così facendo vive nell’oggi la primizia della beatitudine del domani.
Signore Gesù, la tua parola illumina il senso profondo degli eventi drammatici che scuotono la nostra coscienza e fanno sorgere nel cuore interrogativi e dubbi. Aiutaci a essere cercatori della verità e costruttori di pace pur tra le macerie lasciate dai conflitti che spesso si consumano tra poveri. Quando siamo smarriti e disorientati guidaci a ritrovare il senso del vivere lì dove i nostri fratelli e sorelle tendono la mano e chiedono aiuto. Donaci la grazia di non piangerci addosso ma di alzare gli occhi al cielo per invocare il dono dello Spirito Santo che ci permetta di discernere la verità da perseguire e riconoscere la menzogna da rigettare.
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 21,12-19)
12Ma prima di tutto questo metteranno le mani su di voi e vi perseguiteranno, consegnandovi alle sinagoghe e alle prigioni, trascinandovi davanti a re e governatori, a causa del mio nome. 13Avrete allora occasione di dare testimonianza. 14Mettetevi dunque in mente di non preparare prima la vostra difesa; 15io vi darò parola e sapienza, cosicché tutti i vostri avversari non potranno resistere né controbattere. 16Sarete traditi perfino dai genitori, dai fratelli, dai parenti e dagli amici, e uccideranno alcuni di voi; 17sarete odiati da tutti a causa del mio nome. 18Ma nemmeno un capello del vostro capo andrà perduto. 19Con la vostra perseveranza salverete la vostra vita.
Ingressi di sicurezza
Non è certamente esaltante la prospettiva che Gesù offre ai suoi discepoli. D’altronde se si guarda alla vita con realismo notiamo che lo scenario prospettato dal Maestro non è distante dalle vicende che viviamo quotidianamente perché la storia degli uomini è solcata dai graffi della violenza. Essa assume la forma della persecuzione allorquando l’obbiettivo ultimo degli attacchi è Gesù stesso. Fatto segno di ogni tipo di abuso di potere, condivide la sofferenza con tutti i perseguitati per la giustizia e la pace. Gesù assicura la sua vigile presenza accanto a chi soffre per il fatto di appartenergli e di servirlo. Gesù sembra richiamarsi ad un principio per il quale il vero profeta non può non soffrire e proprio per mano di coloro che reputa più vicini. Il vero profeta è colui che, messo a tacere con la violenza, comunque diviene il portavoce di Dio con la sua vita capace di superare ogni barriera. Non è lui che parla ma lo Spirito che parla in lui. La parola di sapienza è elargita con la benevolenza, la mitezza e la magnanimità, caratteristiche proprie del nome di Dio. Se è vero che la fede non è una polizza assicurativa, tuttavia è altrettanto certo che è più affidabile la promessa di Dio piuttosto che le lusinghe o le minacce degli uomini. Più che combattere per convincere, Gesù chiede di resistere alle provocazioni con la forza della mitezza in nome, non della vendetta, ma del desiderio di far conoscere a tutti la bontà di Dio.
Signore Gesù, profeta coraggioso e veritiero, sostienici nella lotta quotidiana contro il peccato per resistere alla tentazione e alla persecuzione che tentano di dissuaderci dal seguire il tuo esempio. Insegnaci a vivere le crisi interrogandoci e facendo discernimento tra le suggestioni del male, che istigano a controbattere l’ingiustizia con la violenza, e lo Spirito del bene che invece suggerisce sentimenti pacifici ispirati alla mitezza e alla misericordia. Donaci intelligenza per cercare sempre la verità nella volontà di Dio e sapienza per metterla in pratica.
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 5, 20-26)
20Io vi dico infatti: se la vostra giustizia non supererà quella degli scribi e dei farisei, non entrerete nel regno dei cieli.
21Avete inteso che fu detto agli antichi: Non ucciderai; chi avrà ucciso dovrà essere sottoposto al giudizio. 22Ma io vi dico: chiunque si adira con il proprio fratello dovrà essere sottoposto al giudizio. Chi poi dice al fratello: “Stupido”, dovrà essere sottoposto al sinedrio; e chi gli dice: “Pazzo”, sarà destinato al fuoco della Geènna.
23Se dunque tu presenti la tua offerta all’altare e lì ti ricordi che tuo fratello ha qualche cosa contro di te, 24lascia lì il tuo dono davanti all’altare, va’ prima a riconciliarti con il tuo fratello e poi torna a offrire il tuo dono.
25Mettiti presto d’accordo con il tuo avversario mentre sei in cammino con lui, perché l’avversario non ti consegni al giudice e il giudice alla guardia, e tu venga gettato in prigione. 26In verità io ti dico: non uscirai di là finché non avrai pagato fino all’ultimo spicciolo!
Fratelli, prima di tutto
«Se tu presenti la tua offerta all’altare… » Gesù sta parlando della preghiera con la quale si rende culto a Dio. La liturgia non può essere staccata dalla vita concreta perché la relazione con Dio s’interseca con quelle fraterne. La giustizia non può ridursi al semplice rispetto delle regole ma deve coniugarsi con il rispetto dell’altro come persona, chiunque esso sia, anche il fratello con il quale si sono interrotti i rapporti a motivo di qualche dissidio.
Il comandamento «non ucciderai» non ha solo la funzione di vietare l’omicidio ma anche il compito di educare la coscienza a non vedere il fratello né come una preda da cacciare, né come una minaccia da eliminare. Le ferite della paura e della rabbia generate da qualche ingiustizia, inducono a gestire il conflitto con l’aggressività del pensiero prima e poi delle parole e gesti offensivi. Si contravviene al precetto del «non uccidere» quando si rimuovono le persone dal cuore, non si curano i traumi del conflitto o, peggio ancora, quando essi vengono coperti dalle pratiche religiose.
Ma è proprio la liturgia il luogo nel quale scoprirsi e mostrarsi feriti ricordando i conflitti e le persone coinvolte. Questa operazione non serve certamente per presentarsi al Signore come vittime innocenti della malvagità degli altri, ma per assumerci la responsabilità di dare il proprio contributo per sanare le ferite del conflitto. La preghiera non è la coperta che nasconde tutto sotto il manto della misericordia, ma è l’occasione per metterci a nudo davanti a Dio, rimetterci in cammino verso il fratello e porci al suo fianco nel comune itinerario di purificazione.
L’offerta gradita a Dio è il sacrificio che facciamo nel ristabilire relazioni d’amore con i fratelli sforzandoci di guardarli con gli occhi di Dio e amarli con i suoi stessi sentimenti.
Signore Gesù, purifica i miei occhi perché possa vedere nei fratelli i miei compagni del comune cammino di purificazione e crescita umana. Offro a te la sofferenza di essere ferito da parole e gesti offensivi affinché la rabbia e la delusione non induriscano il mio cuore e la mia vita cada in contraddizione con la mia fede. Donami la grazia di dubitare dei miei pregiudizi e rendi sconnessi uno dopo l‘altro i gradini del pulpito sul quale l’orgoglio mi fa ergere a giudice. Ispirami sentimenti di umiltà e coraggio che mi spingano a mettermi in ricerca del fratello per offrirgli la mia compagnia.
«La pace non è la semplice assenza della guerra, né può ridursi unicamente a rendere stabile l’equilibrio delle forze avverse; essa non è effetto di una dispotica dominazione, ma viene con tutta esattezza definita a opera della giustizia » (Is 32,7). È il frutto dell’ordine impresso nella società umana dal suo divino Fondatore e che deve essere attuato dagli uomini che aspirano ardentemente ad una giustizia sempre più perfetta. Infatti il bene comune del genere umano è regolato, sì, nella sua sostanza, dalla legge eterna, ma nelle sue esigenze concrete è soggetto a continue variazioni lungo il corso del tempo; per questo la pace non è mai qualcosa di raggiunto una volta per tutte, ma è un edificio da costruirsi continuamente. Poiché inoltre la volontà umana è labile e ferita per di più dal peccato, l’acquisto della pace esige da ognuno il costante dominio delle passioni e la vigilanza della legittima autorità.
Tuttavia questo non basta. Tale pace non si può ottenere sulla terra se non è tutelato il bene delle persone e se gli uomini non possono scambiarsi con fiducia e liberamente le ricchezze del loro animo e del loro ingegno. La ferma volontà di rispettare gli altri uomini e gli altri popoli e la loro dignità, e l’assidua pratica della fratellanza umana sono assolutamente necessarie per la costruzione della pace. In tal modo la pace è frutto anche dell’amore, il quale va oltre quanto può apportare la semplice giustizia.
La pace terrena, che nasce dall’amore del prossimo, è essa stessa immagine ed effetto della pace di Cristo che promana dal Padre. Il Figlio incarnato infatti, principe della pace, per mezzo della sua croce ha riconciliato tutti gli uomini con Dio; ristabilendo l’unità di tutti in un solo popolo e in un solo corpo, ha ucciso nella sua carne (166) l’odio e, nella gloria della sua risurrezione, ha diffuso lo Spirito di amore nel cuore degli uomini.
Pertanto tutti i cristiani sono chiamati con insistenza a praticare la verità nell’amore (Ef 4,15) e ad unirsi a tutti gli uomini sinceramente amanti della pace per implorarla dal cielo e per attuarla.
Mossi dal medesimo spirito, noi non possiamo non lodare coloro che, rinunciando alla violenza nella rivendicazione dei loro diritti, ricorrono a quei mezzi di difesa che sono, del resto, alla portata anche dei più deboli, purché ciò si possa fare senza pregiudizio dei diritti e dei doveri degli altri o della comunità.
Gli uomini, in quanto peccatori, sono e saranno sempre sotto la minaccia della guerra fino alla venuta di Cristo; ma in quanto riescono, uniti nell’amore, a vincere i1 peccato essi vincono anche la violenza, fino alla realizzazione di quella parola divina « Con le loro spade costruiranno aratri e falci con le loro lance; nessun popolo prenderà più le armi contro un altro popolo, né si eserciteranno più per la guerra» (Is 2,4)». (Dalla Costituzione Gaudium et Spes del Concilio Vaticano II, n.78)
Dio della pace, non ti può comprendere che semina la discordia, non ti può accogliere chi ama la violenza: dona a chi edifica la pace di perseverare nel suo proposito, e a chi la ostacola di essere sanato dall’odio che lo tormenta, perché tutti si ritrovino in te, che sei la vera pace. Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
Cantiere tra i terremotati di Siria e Turchia
«Decine di migliaia di morti, di dispersi. Tanta disperazione e lacrime. Tanta gioia e festa ogni volta che anche una sola persona viene trovata ancora in vita: neonati, bambini, ragazzi, giovani, adulti, anziani. E’ la vittoria della vita sulla morte, su ogni disastro o calamità, vittoria che fa ritornare la speranza» (Dal Messaggio per la Quaresima 2023 dell’Arcivescovo)
O Dio, che hai fondato la terra su solide basi, abbi pietà dei fedeli che nella paura ti supplicano:
fa’ che sentiamo sempre la sollecitudine della tua bontà e allontana per sempre i pericoli del terremoto, perché sotto la tua protezione possiamo servirti con riconoscenza.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 13, 1-9)
1 In quello stesso tempo si presentarono alcuni a riferirgli il fatto di quei Galilei, il cui sangue Pilato aveva fatto scorrere insieme a quello dei loro sacrifici. 2Prendendo la parola, Gesù disse loro: “Credete che quei Galilei fossero più peccatori di tutti i Galilei, per aver subìto tale sorte? 3No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo. 4O quelle diciotto persone, sulle quali crollò la torre di Sìloe e le uccise, credete che fossero più colpevoli di tutti gli abitanti di Gerusalemme? 5No, io vi dico, ma se non vi convertite, perirete tutti allo stesso modo”.
6Diceva anche questa parabola: “Un tale aveva piantato un albero di fichi nella sua vigna e venne a cercarvi frutti, ma non ne trovò. 7Allora disse al vignaiolo: “Ecco, sono tre anni che vengo a cercare frutti su quest’albero, ma non ne trovo. Taglialo dunque! Perché deve sfruttare il terreno?”. 8Ma quello gli rispose: “Padrone, lascialo ancora quest’anno, finché gli avrò zappato attorno e avrò messo il concime. 9Vedremo se porterà frutti per l’avvenire; se no, lo taglierai”.
Vocazione e destino
Le notizie tragiche suscitano l’interrogativo sul perché di quella morte. Gesù ci invita invece a domandarci del perché della vita al fine di orientare la nostra curiosità non sulle cause del male per risalire al colpevole ma per ricercare le tracce della nostra vocazione per scoprire il destino al quale siamo chiamati. Tutti gli uomini sono come l’albero di fichi della parabola, cioè peccatori perché sterili e incapaci di portare frutto. Eppure, come il seme dell’albero è piantato nella terra perché crescendo possa portare frutti, così la nostra umanità è fecondata dalla grazia di Dio affinché lo Spirito Santo agendo in noi possa farci fruttificare in amore, gioia, pace, pazienza, benevolenza, bontà, fedeltà, mitezza e dominio di sé (Galati 5, 22). Il Battesimo è il germe della vita nuova che chiede di essere coltivato perché maturi in modo da poter essere pietre vive dell’edificio sacro di Dio, che è la Chiesa. Convertirsi significa scoprire ogni giorno la propria vocazione e costruire poco alla volta il nostro destino. La conversione è un processo di discernimento continuo attraverso il quale rendersi disponibili all’azione creatrice ed educativa dello Spirito Santo. È Lui la cura paziente di Dio mediante il quale la nostra speranza si compie anche se il cammino terreno volge al termine in maniera repentina, inaspettata o casuale. La vita non è mai banale né inutile se ci lasciamo accompagnare dalla Parola di Dio che, come lampada nella notte, guida i nostri passi anche se il cuore è avvolto dalle tenebre della paura. Gli insuccessi non devono scoraggiarci al punto da rinchiuderci in noi stessi, ma andiamo avanti nel lavoro faticoso della conversione certi che dove abbonda il nostro peccato sovrabbonda la misericordia di Dio e se sette volte cadiamo settanta volte sette Il Signore ci rialza col suo perdono.
Signore Gesù, custode attento e paziente dei tuoi fratelli, intercedi per noi presso il Padre per ricordagli il giuramento nuziale per il quale amarci di amore eterno. Donami il tuo Spirito di Sapienza per imparare anche dalle vicende dolorose della vita che il suo senso risiede nel dono che di essa offriamo ai fratelli. Insegnami l’arte del discernimento per scoprire ogni giorno tra gli eventi, spesso imprevisti e imprevedibili, il dispiegarsi del tuo progetto d’amore e la vocazione a cui mi chiami. Aiutami a non distrarmi nel mio cammino ma a mantenere fisso il mio sguardo su di Te per riconoscere con umiltà i miei peccati e per lasciarmi sanare dal sangue che hai sparso per effondere su tutti lo Spirito Santo che consacra e santifica.
Nei cantieri delle chiese sorelle Matera-Irsina e Tricarico
«Da pochi giorni si è aperto un nuovo Cantiere che coinvolge, nella persona del vescovo, le due Chiese sorelle di Matera-Irsina e Tricarico. Due comunità diocesane che rimangono autonome, unite insieme nella persona del vescovo, cioè dal ministero della mia persona»
Dio di consolazione e di pace,
che chiami alla comunione con te tutti i viventi,
fa’ che la Chiesa annunci la venuta del tuo regno
confidando solo nella forza del Vangelo.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 10, 1-9)
1 Dopo questi fatti il Signore designò altri settantadue e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi. 2Diceva loro: “La messe è abbondante, ma sono pochi gli operai! Pregate dunque il signore della messe, perché mandi operai nella sua messe! 3Andate: ecco, vi mando come agnelli in mezzo a lupi; 4non portate borsa, né sacca, né sandali e non fermatevi a salutare nessuno lungo la strada. 5In qualunque casa entriate, prima dite: “Pace a questa casa!”. 6Se vi sarà un figlio della pace, la vostra pace scenderà su di lui, altrimenti ritornerà su di voi. 7Restate in quella casa, mangiando e bevendo di quello che hanno, perché chi lavora ha diritto alla sua ricompensa. Non passate da una casa all’altra. 8Quando entrerete in una città e vi accoglieranno, mangiate quello che vi sarà offerto, 9guarite i malati che vi si trovano, e dite loro: “È vicino a voi il regno di Dio”.
Operai del Vangelo
Ricordava san Giacomo che la fede senza le opere è morta (Gc 2,26). Gli operai di Dio, il Padrone della messe, sono quelli che mettono in pratica la Sua volontà. La fede è un processo che inizia con l’ascolto della Parola che permette di conoscere Dio, diventa riconoscimento e consapevolezza che Egli ci ama con cuore di madre, continua nell’adesione libera alla Sua volontà e finalmente la Sua Parola si traduce in vita. La Chiesa è cattolica perché essa è la comunità di tutti gli uomini chiamati ad essere santi nel mondo in cui vivono. L’operaio non sceglie in quale campo operare ma risponde alla chiamata di Dio che non s’ispira ai criteri meritocratici. La scelta non cade sui migliori ma è fatta per rendere migliore il mondo che i missionari abitano. Gli operai del Vangelo, consapevoli di essere destinatari di un dono di grazia, non entrano in case o città con l’intento di conquistare ma con il desiderio innanzitutto di condividere il tesoro che custodiscono e la verità che li spinge a lasciare la vita di prima per percorrere le strade che Dio apre davanti a loro. Non può appartenere ai missionari del Vangelo l’ansia della prestazione ma li spinge lo zelo apostolico che si coniuga con la mitezza e la pazienza. La docilità alla volontà di Dio si traduce in duttilità nelle relazioni umane. Questo non vuol dire che bisogna essere conformisti o quasi camaleontici, ma significa saper abitare il mondo coltivando relazioni di amicizia che fanno crescere il seme della pace e della concordia che essi spargono innanzitutto con il loro stile di vita comunionale. Non sono eroi solitari ma comunità itineranti.
Portare Dio al mondo vuole dire riportare l’uomo a Dio. Lo stile distaccato dalle logiche meschine del mondo e disinteressato alle sue lusinghe fa del cristiano un missionario dal cuore aperto all’universalità, ovvero un discepolo di Cristo che agisce per il bene comune. Il suo sguardo, come quello del Signore della messe, non è concentrato su un interesse particolare, tanto da coltivare il suo orticello, ma và dove la volontà di Dio, il bene superiore a quello individuale, lo chiama.
La gioia del ministro di Dio germoglia in un cuore libero da ogni forma di attaccamento ai beni terreni. Essa è la ricompensa del servo buono e fedele. Egli, che nella sua missione partecipa con Gesù alla fatica della fedeltà, viene reso compartecipe dal Cristo della gioia della risurrezione. La gioia è la sobria ebrezza dello Spirito che non fa inorgoglire il cuore ma lo rende più coraggioso e forte per resistere alla delusione, capace di vincere la paura con la speranza e la rabbia con la carità paziente.
Signore Gesù, inviato come Agnello in mezzo ad un mondo di lupi, ci riveli il volto del Padre che, come il Buon Pastore, si mette in viaggio per cercare e trovare chi è perduto. La sua volontà è quella di riunire tutti gli uomini in un unico abbraccio di amore. Pur di salvarci non teme di ferirsi a morte. Se si realizza il paradosso che Dio, fonte della vita, giunge fino a morire vuol dire che è possibile anche l’altro paradosso che i morti possono rivivere. Grazie perché apri la strada dove il peccato ha abbattuto i ponti. Mandaci, Signore, operai di pace che con mitezza e pazienza sappiano attraversare i deserti di questo mondo fatto di uomini connessi tra loro ma estremamente soli e tristi. Rendi il nostro cuore aperto alla tua chiamata ad essere esploratori alla ricerca di quelle tracce di senso che conducono a Te. Rendici gioiosi testimoni della tua grande misericordia che lasciano nel cuore di chi accoglie il Vangelo il desiderio di mettersi in cammino nella fede e nella coscienza di chi lo rifiuta l’inquietudine che genera domande di senso sulla propria vita.
«Nel Vangelo della Liturgia di questa domenica leggiamo che «il Signore designò altri settantadue [discepoli] e li inviò a due a due davanti a sé in ogni città e luogo dove stava per recarsi» (Lc 10,1). I discepoli sono stati inviati a due a due, non singolarmente. Andare in missione a due a due, da un punto di vista pratico, sembrerebbe comportare più svantaggi che vantaggi. C’è il rischio che i due non vadano d’accordo, che abbiano un passo diverso, che uno si stanchi o si ammali lungo la via, costringendo anche l’altro a fermarsi. Quando invece si è da soli, sembra che il cammino diventi più spedito e senza intoppi. Gesù però non la pensa così: davanti a sé non invia dei solitari, ma discepoli che vanno a due a due. Ma facciamoci una domanda: qual è la ragione di questa scelta del Signore?
Compito dei discepoli è di andare avanti nei villaggi e preparare la gente ad accogliere Gesù; e le istruzioni che Egli dà loro sono non tanto su che cosa devono dire, quanto su come devono essere: cioè non sul “libretto” che devono dire, no; sulla testimonianza di vita, la testimonianza da dare più che sulle parole da dire. Infatti li definisce operai: sono cioè chiamati a operare, a evangelizzare mediante il loro comportamento. E la prima azione concreta con cui i discepoli svolgono la loro missione è proprio quella di andare a due a due. I discepoli non sono dei “battitori liberi”, dei predicatori che non sanno cedere la parola a un altro. È anzitutto la vita stessa dei discepoli ad annunciare il Vangelo: il loro saper stare insieme, il rispettarsi reciprocamente, il non voler dimostrare di essere più capace dell’altro, il concorde riferimento all’unico Maestro.
Si possono elaborare piani pastorali perfetti, mettere in atto progetti ben fatti, organizzarsi nei minimi dettagli; si possono convocare folle e avere tanti mezzi; ma se non c’è disponibilità alla fraternità, la missione evangelica non avanza. Una volta, un missionario raccontava di essere partito per l’Africa insieme a un confratello. Dopo qualche tempo però si separò da lui, fermandosi in un villaggio dove realizzò con successo una serie di attività edilizie per il bene della comunità. Tutto funzionava bene. Ma un giorno ebbe come un sussulto: si accorse che la sua vita era quella di un bravo imprenditore, sempre in mezzo a cantieri e carte contabili! Ma … e il “ma” è rimasto lì. Allora lasciò la gestione ad altri, ai laici, e raggiunse il suo confratello. Comprese così perché il Signore aveva mandato i discepoli “a due a due”: la missione evangelizzatrice non si basa sull’attivismo personale, cioè sul “fare” ma sulla testimonianza di amore fraterno, anche attraverso le difficoltà che il vivere insieme comporta.
Allora possiamo chiederci: come portiamo agli altri la buona notizia del Vangelo? Lo facciamo con spirito e stile fraterno, oppure alla maniera del mondo, con protagonismo, competitività ed efficientismo? Domandiamoci se abbiamo la capacità di collaborare, se sappiamo prendere decisioni insieme, rispettando sinceramente chi ci sta accanto e tenendo conto del suo punto di vista, se lo facciamo in comunità, non da soli. Infatti, è soprattutto così che la vita del discepolo lascia trasparire quella del Maestro, annunciandolo realmente agli altri». (Papa Francesco, Angelus del 3.7.2022)
O Dio, che nella vocazione battesimale
ci chiami ad essere pienamente disponibili
all’annunzio del tuo regno,
donaci il coraggio apostolico e la libertà evangelica,
perchè rendiamo presente in ogni ambiente di vita
la tua parola di amore e di pace.
Per il nostro Signore Gesù Cristo…
Dal Vangelo secondo Matteo (Mt 10, 8-10)
8Gratuitamente avete ricevuto, gratuitamente date. 9Non procuratevi oro né argento né denaro nelle vostre cinture, 10né sacca da viaggio, né due tuniche, né sandali, né bastone, perché chi lavora ha diritto al suo nutrimento.
Quando la pace trova casa
Nel momento del bisogno in maniera quasi istintiva cerchiamo aiuto in Dio. La mancanza di qualcosa e la necessità di colmare un vuoto ci spinge ad uscire da noi stessi per trovare una soluzione ai problemi che ci affliggono. I missionari del vangelo, come Gesù, vanno incontro agli uomini incrociando la loro richiesta di aiuto con il dono della pace di Dio. Non si tratta semplicemente di far combaciare domanda di benessere con l’offerta di un qualche rimedio, ma di far scoprire a chi soffre che più grande dei propri traumi è l’amore di Dio e che Lui, non solo corrisponde alle attese dell’uomo, ma le supera donando la sua pace. Essa è il dono gratuito di Dio che guarisce dalle ferite della paura, libera dalla dittatura dei sensi di colpa, restituisce il gusto della vita, purifica dal peccato. I missionari non devono procurarsi la sacca da viaggio, né approvvigionarsi di denaro o preoccuparsi del cambio di vestito, della calzatura e della loro difesa perché essi stessi, sperimentando la cura provvidenziale di Dio, ne sono anche i testimonial più credibili. Infatti, gli evangelizzatori, facendosi poveri con i poveri, si presentano al mondo semplicemente come mendicanti di fraternità. La pace più che colmare le mancanze crea spazi di desiderio. I cristiani, missionari del vangelo, nella misura in cui sono ricchi dell’amore di Dio, avvertono anche nel cuore un vuoto nel quale riecheggia il desiderio della comunione fraterna. Quando il bisogno di umanità, che si nasconde tra le ferite della carne, s’incontra con il desiderio di comunione che sgorga dal cuore di Dio, la pace trova casa.
Signore Gesù, Tu sei la via che ci conduce al Padre ma sei anche la strada sulla quale i fratelli s’incontrano. Attraverso di Te Dio si fa prossimo all’uomo e se ne prende cura con amorevole delicatezza e insieme a Te anche noi possiamo partecipare gratuitamente ai nostri fratelli la pace che gratuitamente abbiamo ricevuto. Donami quell’amore che non spegne il desiderio ma lo purifica sublimando il bisogno personale da soddisfare in volontà di compiere gioiosamente la mia vocazione. Il tuo Spirito faccia fruttificare la pace, riversata nel cuore, in gesti di carità chiave attraverso la quale poter accedere a quello dei fratelli e far scendere su di essi la benedizione del cielo.
Pensando ai giovani: GMG di Lisbona
«Dopo la pandemia riprende l’appuntamento della GMG (Giornata mondiale della gioventù) a Lisbona che coinvolge tutte le comunità parrocchiali e i confratelli parroci affinché i nostri giovani si sentano accompagnati fisicamente e supportati» (Dal Messaggio per la Quaresima 2023 dell’Arcivescovo)
Dio onnipotente ed eterno,
tu hai ispirato alla beata Vergine Maria,
che portava in grembo il tuo Figlio,
di visitare sant’Elisabetta:
concedi a noi di essere docili all’azione dello Spirito,
per magnificare sempre con Maria il tuo santo nome.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio,
e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo,
per tutti i secoli dei secoli.
Dal Vangelo secondo Luca (Lc 1, 39-45)
39In quei giorni Maria si alzò e andò in fretta verso la regione montuosa, in una città di Giuda. 40Entrata nella casa di Zaccaria, salutò Elisabetta. 41Appena Elisabetta ebbe udito il saluto di Maria, il bambino sussultò nel suo grembo. Elisabetta fu colmata di Spirito Santo 42ed esclamò a gran voce: “Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! 43A che cosa devo che la madre del mio Signore venga da me? 44Ecco, appena il tuo saluto è giunto ai miei orecchi, il bambino ha sussultato di gioia nel mio grembo. 45E beata colei che ha creduto nell’adempimento di ciò che il Signore le ha detto”.
«Maria, dopo l’annunciazione, avrebbe potuto concentrarsi su sé stessa, sulle preoccupazioni e i timori dovuti alle sua nuova condizione. Invece no, lei si fida totalmente di Dio. Pensa piuttosto a Elisabetta. Si alza ed esce alla luce del sole, dove c’è vita e movimento. Malgrado l’annuncio sconvolgente dell’angelo abbia provocato un “terremoto” nei suoi piani, la giovane non si lascia paralizzare, perché dentro di lei c’è Gesù, potenza di risurrezione. Dentro di sé porta già l’Agnello Immolato ma sempre vivo. Si alza e si mette in movimento, perché è certa che i piani di Dio siano il miglior progetto possibile per la sua vita. Maria diventa tempio di Dio, immagine della Chiesa in cammino, la Chiesa che esce e si mette al servizio, la Chiesa portatrice della Buona Novella!… La Madre del Signore è modello dei giovani in movimento, non immobili davanti allo specchio a contemplare la propria immagine o “intrappolati” nelle reti. Lei è tutta proiettata verso l’esterno. È la donna pasquale, in uno stato permanente di esodo, di uscita da sé verso il grande Altro che è Dio e verso gli altri, i fratelli e le sorelle, soprattutto quelli più bisognosi, come era la cugina Elisabetta…
Sant’Ambrogio di Milano, nel suo commento al Vangelo di Luca, scrive che Maria si avviò in fretta verso la montagna «perché era lieta della promessa e desiderosa di compiere devotamente un servizio, con lo slancio che le veniva dall’intima gioia. Dove ormai, ricolma di Dio, poteva affrettarsi ad andare se non verso l’alto? La grazia dello Spirito Santo non comporta lentezze». La fretta di Maria è perciò la premura del servizio, dell’annuncio gioioso, della risposta pronta alla grazia dello Spirito Santo. Maria si è lasciata interpellare dal bisogno della sua anziana cugina. Non si è tirata indietro, non è rimasta indifferente. Ha pensato più agli altri che a sé stessa. E questo ha conferito dinamismo ed entusiasmo alla sua vita. Ognuno di voi può chiedersi: come reagisco di fronte alle necessità che vedo intorno a me? Penso subito a una giustificazione per disimpegnarmi, oppure mi interesso e mi rendo disponibile? Certo, non potete risolvere tutti i problemi del mondo. Ma magari potete iniziare da quelli di chi vi sta più vicino, dalle questioni del vostro territorio. Una volta hanno detto a Madre Teresa: “Quello che lei fa è solo una goccia nell’oceano”. E lei ha risposto: “Ma se non lo facessi, l’oceano avrebbe una goccia in meno”…
La fretta della giovane donna di Nazaret è quella propria di coloro che hanno ricevuto doni straordinari del Signore e non possono fare a meno di condividere, di far traboccare l’immensa grazia che hanno sperimentato. È la fretta di chi sa porre i bisogni dell’altro al di sopra dei propri. Maria è esempio di giovane che non perde tempo a cercare l’attenzione o il consenso degli altri – come accade quando dipendiamo dai “mi piace” sui social media –, ma si muove per cercare la connessione più genuina, quella che viene dall’incontro, dalla condivisione, dall’amore e dal servizio.
La fretta buona ci spinge sempre verso l’alto e verso l’altro… È tempo di ripartire in fretta verso incontri concreti, verso una reale accoglienza di chi è diverso da noi, come accadde tra la giovane Maria e l’anziana Elisabetta. Solo così supereremo le distanze – tra generazioni, tra classi sociali, tra etnie, tra gruppi e categorie di ogni genere – e anche le guerre. I giovani sono sempre speranza di una nuova unità per l’umanità frammentata e divisa…
il grande messaggio di cui è portatrice la Chiesa è Gesù! Sì, Lui stesso, il suo amore infinito per ognuno di noi, la sua salvezza e la vita nuova che ci ha dato. E Maria è il modello di come accogliere questo immenso dono nella nostra vita e comunicarlo agli altri, facendoci a nostra volta portatori di Cristo, portatori del suo amore compassionevole, del suo servizio generoso all’umanità che soffre». (Messaggio del Santo Padre Francesco per la XXXVII Giornata mondiale della gioventù 2022-2023)
Vergine della Visitazione,
che di fretta sei salita verso la montagna per incontrare Elisabetta,
mettici in cammino all’incontro con tutti coloro che ci attendono
per portar loro il Vangelo vivente:
Gesù Cristo, tuo Figlio e nostro Signore!
Andremo in fretta, senza distrazioni o ritardi,
ma con prontezza e gioia.
Andremo serenamente, perché chi porta Cristo porta la pace,
e “fare il bene” è il migliore “star bene”.
Vergine della Visitazione,
ispirati a Te, questa Giornata Mondiale della Gioventù
sarà una mutua celebrazione di Cristo che noi porteremo, come lo è stato per Te.
Fa’ che possa diventare un’occasione di testimonianza e condivisione,
fraternità e gratitudine,
cercando ognuno l’altro che vive in attesa.
Con Te proseguiremo questo cammino di incontro,
affinché anche il nostro mondo possa ritrovarsi
nella fraternità, nella giustizia e nella pace.
Aiutaci, Vergine della Visitazione,
a portare Cristo a tutti, obbedendo al Padre, nell’amore dello Spirito!
Il cantiere dei “ministeri”
«Questo tempo di Quaresima è sicuramente propizio per scavare le fondamenta e capire come realizzare il progetto di Dio in questo nuovo Cantiere delle nostre Chiese.
Gesù a Marta rimprovera una cosa: «Tu ti affanni e ti agiti per molte cose» (Lc 10,41). E’ un richiamo che il Signore fa a tutti, laici e consacrati. A volte è come se nelle nostre comunità parrocchiali possiamo contare solo su alcune persone che fanno tutto, creando terra bruciata intorno. Anche noi pastori stiamo correndo il rischio di occuparci di cose burocratiche, di correre da una parte all’altra, di fare di tutto senza renderci conto che magari trascuriamo la parte essenziale del nostro ministero: la priorità della vita spirituale, l’attenzione alle anime, l’evangelizzazione, la preghiera, il silenzio» (Dal Messaggio per la Quaresima 2023 dell’Arcivescovo)
O Dio, che ai ministri della tua Chiesa insegni non a essere serviti ma a servire i fratelli,
concedi loro di essere instancabili nell’azione, miti nel servizio, perseveranti nella preghiera.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito
Santo, per tutti i secoli dei secoli.
Dal Vangelo secondo Marco (Mc 10, 32-45)
32Mentre erano sulla strada per salire a Gerusalemme, Gesù camminava davanti a loro ed essi erano sgomenti; coloro che lo seguivano erano impauriti. Presi di nuovo in disparte i Dodici, si mise a dire loro quello che stava per accadergli: 33“Ecco, noi saliamo a Gerusalemme e il Figlio dell’uomo sarà consegnato ai capi dei sacerdoti e agli scribi; lo condanneranno a morte e lo consegneranno ai pagani, 34lo derideranno, gli sputeranno addosso, lo flagelleranno e lo uccideranno, e dopo tre giorni risorgerà”.
35Gli si avvicinarono Giacomo e Giovanni, i figli di Zebedeo, dicendogli: “Maestro, vogliamo che tu faccia per noi quello che ti chiederemo”. 36Egli disse loro: “Che cosa volete che io faccia per voi?”. 37Gli risposero: “Concedici di sedere, nella tua gloria, uno alla tua destra e uno alla tua sinistra”. 38Gesù disse loro: “Voi non sapete quello che chiedete. Potete bere il calice che io bevo, o essere battezzati nel battesimo in cui io sono battezzato?”. 39Gli risposero: “Lo possiamo”. E Gesù disse loro: “Il calice che io bevo anche voi lo berrete, e nel battesimo in cui io sono battezzato anche voi sarete battezzati. 40Ma sedere alla mia destra o alla mia sinistra non sta a me concederlo; è per coloro per i quali è stato preparato”.
41Gli altri dieci, avendo sentito, cominciarono a indignarsi con Giacomo e Giovanni. 42Allora Gesù li chiamò a sé e disse loro: “Voi sapete che coloro i quali sono considerati i governanti delle nazioni dominano su di esse e i loro capi le opprimono. 43Tra voi però non è così; ma chi vuole diventare grande tra voi sarà vostro servitore, 44e chi vuole essere il primo tra voi sarà schiavo di tutti. 45Anche il Figlio dell’uomo infatti non è venuto per farsi servire, ma per servire e dare la propria vita in riscatto per molti”.
Dalla bramosia del potere alla compassione
Gesù aveva appena ribadito per la terza volta che a Gerusalemme, dove era diretto con i suoi discepoli, avrebbe subito umiliazione e morte ma da essa sarebbe stato liberato con la risurrezione. Quanto più si avvicinava l’ora della Pasqua tanto più gli apostoli sembravano allontanarsi dal loro Maestro per inseguire le loro fantasie. I discepoli precedentemente avevano già discusso tra loro chi fosse il più grande e, dunque, chi di loro fosse più capace di assumersi la responsabilità di prendere il posto di Gesù. L’idea fissa è quella di guadagnare il posto giusto dal quale gestire e controllare. Le fantasie, caldeggiate e coltivate nell’intimo del cuore, vengono poi proiettate sugli altri caricandoli delle proprie attese. È facile che esse diventino pretese, criteri di scelta e il fine per cui vivere. Tra queste fantasie la più comune, ma anche la più nociva, è l’avidità o sete di potere.
I due fratelli, discepoli della prima ora, chiedono a Gesù di essere i suoi collaboratori più stretti nel momento in cui sarebbe giunto all’apice della gloria e avrebbe conquistato finalmente il potere. Essi esprimono la loro decisa volontà di partecipare all’esercizio della sua autorità. Sembrano avere le idee chiare, ma così non è perché essi, dice loro Gesù, non sanno quello che chiedono. Infatti, quella che sembra essere una semplice richiesta di favore nasconde il tentativo di piegare Gesù alla loro volontà di potenza. Formalmente essi chiedono di partecipare alla gloria di Gesù, ma nei fatti essi pretendono che il Maestro si adatti alla loro volontà. Per il raggiungimento del loro obbiettivo si dichiarano disposti e pronti a bere lo stesso calice di sofferenza di Gesù e a ricevere il suo medesimo battesimo. In realtà, essi non sanno quello che dicono, convinti di poter meritare il premio in forza della loro volontà e capacità di affrontare qualsiasi lotta. Essi sono disposti a fare qualsiasi sacrificio per ottenere ciò che desiderano. Ma Gesù non può dare loro ciò che essi chiedono perché la gloria verso cui è indirizzato il cammino del Signore è di tutt’altra natura. Infatti, egli invita i discepoli a partecipare della sua gloria intesa come servizio e dono della propria vita.
La logica del possesso, fatta propria dai governanti delle nazioni che le dominano e le opprimono, crea fratture nella comunità perché induce coloro che la seguono, o che la subiscono, a forme fratricide di competizione per occupare i posti di prestigio o garantirsi dei privilegi. Il desiderio di raggiungere il potere, che è fine a sé stesso, o semplicemente di intendere la vita solamente come godimento, genera ingiustizie e dissidi; Gesù, al contrario, mette a servizio della volontà del Padre la sua e in quest’opera coinvolge i discepoli per condividere con loro il potere dell’amore che genera pace e giustizia. Gesù è il servo di Dio che si offre a Lui perché si compia la sua volontà e si consegna nelle mani degli uomini per coinvolgersi totalmente nelle loro vicende dolorose, per sanarle, ed educare al servizio. Solo l’amore che si fa servizio sana il cuore dell’uomo e lo salva dalla morte causata dal peccato. Per esercitare il potere dell’amore, che libera e riscatta, bisogna percorrere la via del servizio, la quale passa attraverso la compassione, ovvero la partecipazione alla sofferenza dell’uomo e di Dio, simboleggiata dal calice da bere e dal battesimo nel quale essere immersi. L’obbedienza fiduciosa al Padre genera nel cuore di Gesù la compassione che lo porta a bere fino infondo il calice dell’amarezza e ad essere battezzato, ovvero a immergersi nell’onda del peccato, per indicare il suo pieno e totale coinvolgimento nell’umanità peccatrice. Infatti, la Lettera agli Ebrei parla di Gesù come del Sommo Sacerdote grande perché ha saputo prendere parte alle nostre debolezze, messo alla prova in ogni cosa, escluso il peccato. Perché Gesù si è coinvolto totalmente nella nostra umanità? Per compiere la volontà del Signore, quella di fare di noi un regno e sacerdoti ad immagine di Gesù che è inviato dal Padre per servire e dare la sua vita in riscatto per molti.
Per questo dono di grazia possiamo accostarci e unirci pieni di fiducia a Colui che è stato fatto re e che non esige una tassa da pagare, ma dispensa la grazia che ci rende uomini felici perché a servizio della pace e della giustizia di Dio.
Signore Gesù, Tu sei il ponte nel quale s’incontrano la ricchezza della misericordia del Padre e la miseria della nostra povera umanità, ci accostiamo a Te con sentimenti di fiducia e di gratitudine e ti chiediamo il dono dello Spirito perché la nostra volontà sia sempre orientata verso Dio. Il tuo esempio ci insegni che grande non è colui che comanda sugli altri, ma chi si fa servo dei fratelli. Estingui la bramosia del potere e del possesso, disinnesca i meccanismi di competizione che ci rendono avversari e nemici, donaci la grazia di avere vera compassione per chi soffre a causa del suo e altrui peccato. Insegnaci a vincere la paura, a combattere l’orgoglio, a sconfiggere la diffidenza che ci dominano con l’esercizio della preghiera di lode e del servizio umile e disinteressato affinché anche noi, crescendo nel senso di responsabilità verso gli altri, possiamo essere costruttori di ponti di pace e di vera fraternità.
Dalla Prima Lettera di san Paolo apostolo ai Corinti (1Cor 12, 4-31)
4Vi sono diversi carismi, ma uno solo è lo Spirito; 5vi sono diversi ministeri, ma uno solo è il Signore; 6vi sono diverse attività, ma uno solo è Dio, che opera tutto in tutti. 7A ciascuno è data una manifestazione particolare dello Spirito per il bene comune: 8a uno infatti, per mezzo dello Spirito, viene dato il linguaggio di sapienza; a un altro invece, dallo stesso Spirito, il linguaggio di conoscenza; 9a uno, nello stesso Spirito, la fede; a un altro, nell’unico Spirito, il dono delle guarigioni; 10a uno il potere dei miracoli; a un altro il dono della profezia; a un altro il dono di discernere gli spiriti; a un altro la varietà delle lingue; a un altro l’interpretazione delle lingue. 11Ma tutte queste cose le opera l’unico e medesimo Spirito, distribuendole a ciascuno come vuole.
12Come infatti il corpo è uno solo e ha molte membra, e tutte le membra del corpo, pur essendo molte, sono un corpo solo, così anche il Cristo. 13Infatti noi tutti siamo stati battezzati mediante un solo Spirito in un solo corpo, Giudei o Greci, schiavi o liberi; e tutti siamo stati dissetati da un solo Spirito.
14E infatti il corpo non è formato da un membro solo, ma da molte membra. 15Se il piede dicesse: “Poiché non sono mano, non appartengo al corpo”, non per questo non farebbe parte del corpo. 16E se l’orecchio dicesse: “Poiché non sono occhio, non appartengo al corpo”, non per questo non farebbe parte del corpo. 17Se tutto il corpo fosse occhio, dove sarebbe l’udito? Se tutto fosse udito, dove sarebbe l’odorato? 18Ora, invece, Dio ha disposto le membra del corpo in modo distinto, come egli ha voluto. 19Se poi tutto fosse un membro solo, dove sarebbe il corpo? 20Invece molte sono le membra, ma uno solo è il corpo. 21Non può l’occhio dire alla mano: “Non ho bisogno di te”; oppure la testa ai piedi: “Non ho bisogno di voi”. 22Anzi proprio le membra del corpo che sembrano più deboli sono le più necessarie; 23e le parti del corpo che riteniamo meno onorevoli le circondiamo di maggiore rispetto, e quelle indecorose sono trattate con maggiore decenza, 24mentre quelle decenti non ne hanno bisogno. Ma Dio ha disposto il corpo conferendo maggiore onore a ciò che non ne ha, 25perché nel corpo non vi sia divisione, ma anzi le varie membra abbiano cura le une delle altre. 26Quindi se un membro soffre, tutte le membra soffrono insieme; e se un membro è onorato, tutte le membra gioiscono con lui.
27Ora voi siete corpo di Cristo e, ognuno secondo la propria parte, sue membra. 28Alcuni perciò Dio li ha posti nella Chiesa in primo luogo come apostoli, in secondo luogo come profeti, in terzo luogo come maestri; poi ci sono i miracoli, quindi il dono delle guarigioni, di assistere, di governare, di parlare varie lingue. 29Sono forse tutti apostoli? Tutti profeti? Tutti maestri? Tutti fanno miracoli? 30Tutti possiedono il dono delle guarigioni? Tutti parlano lingue? Tutti le interpretano? 31Desiderate invece intensamente i carismi più grandi. E allora, vi mostro la via più sublime.
«L’apostolo Paolo, dinanzi alla vitalità della comunità di Corinto, articola in modo trinitario carismi, ministeri e attività riferendoli rispettivamente allo Spirito, a Cristo Signore e al Padre, senza dare una definizione e un ordine preciso nel successivo elenco dei carismi. Tutta- via, egli indica due coordinate per il discernimento ecclesiale: da una parte, pone il primato dell’azione dell’unico Spirito, che distribuisce i suoi doni come vuole; dall’altra, pone il valore dell’edificazione dell’intera comunità…
Fin dall’inizio, accanto ai ministri ordinati sorsero figure ministeriali che svolgevano servizi diversi a favore della comunità cristiana. Progressivamente questi ministeri furono confinati nel solo ambito liturgico e inquadrati in un sistema clericale quali ordini minori che, all’interno di un percorso ascendente, conducevano al sacerdozio ministeriale. Si tratta oggi di riscoprire il loro fondamento battesimale, radice dei “ministeri istituiti” e dei tanti ministeri di fatto che la Chiesa è chiamata a discernere per un servizio adeguato al popolo di Dio. Infatti, nel corso della storia, con il continuo mutare delle situazioni ecclesiali, sociali, culturali, l’esercizio di tali servizi nella Chiesa assume forme differenti…
La conformazione a Cristo e la comune radice battesimale e crismale pongono i ministeri nella Chiesa, ciascuno a suo modo, a servizio della configurazione del suo corpo ecclesiale e della trasmissione del Vangelo, in vista dell’unica missione ecclesiale. «Ciascun ministero istituito ha un suo inserimento specifico nella Chiesa loca- le, come manifestazione autentica della molteplice iniziativa dello Spirito che riempie e vivifica il corpo di Cristo» (Premesse CEI al Rito di istituzione, n. 1)…
Il Lettore è istituito per l’ufficio, a lui proprio, di proclamare la parola di Dio nell’assemblea liturgica (cfr. Ministeria quaedam, n. 5). In particolare, a partire da un assiduo ascolto delle Scritture, richiama la Chiesa intera alla presenza di Gesù, Parola fatta carne, giac- ché come afferma la costituzione liturgica “è Cristo che parla quando nella Chiesa si legge la Sacra Scrittura” (cfr. Sacrosanctum Concilium, n. 7)…
L’Accolito è istituito per il servizio al corpo di Cristo nella celebrazione eucari- stica, memoriale della Cena del Signore, e al corpo di Cristo, che è il popolo di Dio, soprat- tutto i poveri e gli infermi (cfr. Rito di Istituzione degli Accoliti, n. 29). In particolare richiama la presenza di Cristo nell’Eucaristia della Chiesa, per la vita del mondo…
Il Catechista, in armonica collaborazione con i ministri ordinati e con gli altri ministri, istituiti e di fatto, si dedica al servizio dell’intera comunità, alla trasmissione della fede e alla formazione della mentalità cristiana, testimoniando anche con la propria vita il mistero santo di Dio che ci parla e si dona a noi in Gesù. Il ministero del Catechista richiama la presenza nella Chiesa e nel mondo del Signore Gesù, che per l’opera dello Spirito Santo chiama ogni uomo alla salvezza, rendendolo nuova creatura in Cristo (cfr. 2Cor 5,17), servo del Regno di Dio nella Chiesa…
Il Lettore, l’ Accolito e il Catechista siano persone di profonda fede, formati alla Parola di Dio, umanamente maturi, attivamente partecipi alla vita della comunità cristiana, capaci di instaurare relazioni fraterne, in grado di comunicare la fede sia con l’esempio che con la parola, e riconosciuti tali dalla comunità, nelle forme e nei modi che il Vescovo riterrà opportuni» («I ministeri istituiti del lettore, dell’accolito e del catechista per le chiese che sono in italia», Nota CEI ad experimentum per il prossimo triennio, 2022).
O Dio, tu vuoi che tutti gli uomini siano salvati e giungano alla conoscenza della verità: guarda la tua messe abbondante e degnati di mandare operai, perché il Vangelo sia annunciato a ogni creatura, e il tuo popolo, radunato dalla parola di vita e sostenuto dalla forza dei sacramenti, proceda nella via della carità e della salvezza.
Per il nostro Signore Gesù Cristo, tuo Figlio, che è Dio, e vive e regna con te, nell’unità dello Spirito Santo, per tutti i secoli dei secoli.
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