Novena dell’Immacolata – Adoriamo l’Eucaristia con gli occhi di Maria – 3 dicembre
Dal Vangelo secondo Luca (2, 21-40)
Quando furono compiuti gli otto giorni prescritti per la circoncisione, gli fu messo nome Gesù, come era stato chiamato dall’angelo prima che fosse concepito nel grembo. Quando furono compiuti i giorni della loro purificazione rituale, secondo la legge di Mosè, portarono il bambino a Gerusalemme per presentarlo al Signore – come è scritto nella legge del Signore: Ogni maschio primogenito sarà sacro al Signore – e per offrire in sacrificio una coppia di tortore o due giovani colombi, come prescrive la legge del Signore. Ora a Gerusalemme c’era un uomo di nome Simeone, uomo giusto e pio, che aspettava la consolazione d’Israele, e lo Spirito Santo era su di lui. Lo Spirito Santo gli aveva preannunciato che non avrebbe visto la morte senza prima aver veduto il Cristo del Signore. Mosso dallo Spirito, si recò al tempio e, mentre i genitori vi portavano il bambino Gesù per fare ciò che la Legge prescriveva a suo riguardo, anch’egli lo accolse tra le braccia e benedisse Dio, dicendo: «Ora puoi lasciare, o Signore, che il tuo servo vada in pace, secondo la tua parola, perché i miei occhi hanno visto la tua salvezza, preparata da te davanti a tutti i popoli: luce per rivelarti alle genti e gloria del tuo popolo, Israele». Il padre e la madre di Gesù si stupivano delle cose che si dicevano di lui. Simeone li benedisse e a Maria, sua madre, disse: «Ecco, egli è qui per la caduta e la risurrezione di molti in Israele e come segno di contraddizione – e anche a te una spada trafiggerà l’anima -, affinché siano svelati i pensieri di molti cuori». C’era anche una profetessa, Anna, figlia di Fanuele, della tribù di Aser. Era molto avanzata in età, aveva vissuto con il marito sette anni dopo il suo matrimonio, era poi rimasta vedova e ora aveva ottantaquattro anni. Non si allontanava mai dal tempio, servendo Dio notte e giorno con digiuni e preghiere. Sopraggiunta in quel momento, si mise anche lei a lodare Dio e parlava del bambino a quanti aspettavano la redenzione di Gerusalemme. Quando ebbero adempiuto ogni cosa secondo la legge del Signore, fecero ritorno in Galilea, alla loro città di Nàzaret. Il bambino cresceva e si fortificava, pieno di sapienza, e la grazia di Dio era su di lui.
Il filo rosso dell’amore di Dio lega gli eventi della salvezza che vanno dalla Genesi all’Apocalisse. Nell’offerta che Gesù fa di sé al Padre per la salvezza degli uomini si scorge un abbraccio, ovvero l’incontro tra braccia. Ci sono le braccia di Maria e Giuseppe che innalzano verso l’altare il loro figlio Gesù. Poi ci sono le braccia della croce, segno di quelle di Dio Padre, dalle quali è presentato e offerto al mondo il Cristo, il Figlio di Dio.
La gioia di Simeone nell’incontrare Gesù è incontenibile ma al tempo stesso il suo abbraccio del bambino comunica la medesima gioia di Dio Padre quando ci riconcilia accogliendoci tra le sue braccia misericordiose. È l’abbraccio benedicente di Dio! Nell’atto di presentare al Tempio il loro figlio primogenito, il padre e la madre di Gesù benedicono Dio e riconoscono nel bambino un dono suo da accogliere con spirito di gratitudine.
Nell’eucaristia si rinnova questo abbraccio in cui si incrociano le mani e s’incontrano i cuori, nostri e di Dio. Nel pane e nel vino posti sull’altare presentiamo a Dio tutta la nostra vita, le gioie e le fatiche di tutti i giorni. La offriamo a Dio con gratitudine e fiducia perché lo Spirito Santo, unendoci al sacrificio di Cristo, faccia della nostra vita un dono d’amore.
L’eucaristia ci educa ad abbracciare la nostra croce quotidiana lasciandoci ferire dalla parola della croce. Da essa impariamo, come Maria, a perdere, a lasciar andare, per vivere e far vivere chi amiamo, certi dell’abbraccio benedicente di Dio che ci sostiene nella prova. Come quelle della croce, anche le braccia del Padre sono sempre aperte ad accogliere la nostra preghiera fatta con forti grida e lacrime e prodighe nell’offrire consolazione. Così le nostre braccia, come quelle di Maria, di Giuseppe e dello stesso Gesù sulla croce, seppure indebolite dal peso della sofferenza, s’innalzino per offrire la preghiera a Dio di lode e di supplica. Il nostro abbraccio sia anche tenero come quello di Simeone e benedicente come quello del Padre.
Benedetta sei tu, o Maria, perché con la tua fede semplice ci indichi nella umiltà e nella gratitudine la strada per andare incontro al Signore e accoglierlo. Egli si fa trovare da chi lo cerca con cuore sincero. Il santo Simeone, al quale hai affidato il bambino Gesù, sia per noi modello di perseveranza nella ricerca della fede e di lucidità spirituale per riconoscere nella storia l’occasione opportuna nella quale deciderci a convertirci. Insegnaci l’arte della meditazione perché, centrando la nostra vita nella Parola di Dio, possano trovare sintesi e significato nel nostro cuore i pensieri, le emozioni e i sentimenti. Le tue braccia, come si sono elevate per offrire Gesù, sostengano le nostre mani innalzate verso il cielo nell’atto di offrire a Dio la povertà del nostro niente e ricevere da Lui la ricchezza del suo amore
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