Eminentissimo signor presidente Cardinale Bassetti,
confratelli vescovi, stimate autorità, delegati delle diocesi italiane, amici del Comitato,
operatori dei media,
benvenuti nella Città dei Due Mari.
Abbiamo tanto atteso questo evento, più volte costretti a rimandarlo e ripensarlo a causa della pandemia. L’inedita emergenza sanitaria, tutt’ora in corso, non solo ha modificato i nostri programmi ma ha imposto a tutti noi una visione diversa, uno sguardo articolato, più responsabile e maturo e sicuramente rimarcato, un tono di urgenza e necessità per adoperarci per il pianeta che speriamo, lì dove la speranza non è desiderio posto in un futuro incerto ma fondamento e propulsione della nostra vita.
Vi accolgo in un ambiente vitale lì dove ogni nostra domanda, sfida e, soprattutto, risposta, devono fare i conti con il dolore di questa città, con la bellezza ferita, con il grido di riscatto e chiama in causa credibilità e l’unico interesse del bene comune.
Vorrei che la 49a Settimana sociale dei cattolici italiani si avventurasse con generosità e coraggio in questo corridoio angusto tutto tarantino fatto di dolore e di contraddizioni, di stanchezza, di disincanto, ma non di disperazione. Perché Taranto è un sito emblematico in cui si gioca una partita che, fatte le dovute proporzioni si gioca tutto il Pianeta. Come vorrei che da qui noi dessimo un segnale di apertura che racconti un futuro possibile: qui la speranza è precaria come il lavoro, qui l’inquinamento ha intossicato le coscienze prima ancora che l’aria, la terra e il mare.
La Chiesa italiana ha la responsabilità di tracciare una parabola che non fronteggi l’emergenza della salute, dell’ambiente, del lavoro, con rattoppi dell’ultima ora come siamo abituati a subire da decenni, ma che sia lungimirante, che ponga le basi di una crescita per le nuove generazioni, che esprima la cura dell’educare e della gratuità.
Quando ho letto la Laudato Si’, per la prima volta, ho avuto la netta percezione che le parole del Santo Padre fossero state scritte ognuna per questa mia amata terra, che Egli conoscesse bene la sua storia.
Così come ho nutrito l’ambizione fin da subito che all’analisi puntuale delle interconnessioni che producono tanto male nel mondo intero, a partire da quello che si può fare nell’angolo più remoto del Pianeta, anche con le proprie cattive abitudini, potesse sostituirsi un percorso virtuoso di “bonifica” lungo la strada del concetto che il Papa ci ha offerto: quello dell’Ecologia integrale.
Sin dal mio insediamento nella città di Taranto ho avuto ben chiaro il peso che i suoi abitanti sopportano da anni, quello dello sviluppo a spese della centralità dell’uomo che tanti danni ha prodotto e produce alla madre Terra. Un peso che incontro ogni giorno negli occhi degli operai, dei lavoratori, su cui si abbatte l’incertezza di non poter far fronte alle esigenze familiari, e ancor più in quelli degli ammalati, ancora troppo spesso costretti a partire per veder garantito il loro diritto alle migliori cure possibili. Ci siamo affidati a Gesù: è Gesù il buon samaritano. Il nostro annuncio parte dall’esperienza personale, vera e viva di Gesù che ci vuole bene. Nella parabola del buon samaritano ognuno può rivedere sé stesso che nelle diverse situazioni della vita incappa nei briganti, perdendo la sicurezza della salute, dei beni, patendo lo smarrimento come anche l’indifferenza e l’inutilità degli aiuti degli altri uomini. La debolezza, il dolore, l’umiliazione, muove a compassione il cuore del buon samaritano. È così che il malato attira il medico, la miseria la misericordia, il peccato la salvezza. Come vescovo ho accolto sotto il manto della Chiesa questa comunità dolente e, nello stesso tempo, ho spronato essa e le amministrazioni che la rappresentano a impegnarsi nella costruzione di un futuro diverso, più sostenibile per il pianeta e che capovolgesse la visione: un passaggio fondamentale “dall’io al noi”.
Papa Francesco ci ha chiaramente indicato la strada illustrandoci con l’enciclica Laudato Si’ il concetto di “ecologia integrale” che è un invito a una visione globale della vita, a partire dalla convinzione che tutto nel mondo è connesso e che l’uomo deve sanare la frattura che egli stesso ha causato per l’ambizione di superare i limiti naturali con la tecnica e ritornare a essere centro del sistema con il suo lavoro e la ricerca del bene comune.
Sentiamo molto parlare di “transizione ecologica”, abbiamo un ministero dedicato, ma io vi parlo da un territorio emblematico dei guasti italiani che conosce bene le promesse mancate, la disillusione.
Il clima di incertezza sfianca anche la speranza più ostinata e ora abbiamo un’ultima opportunità con i fondi del Next Generation Ue e del Recovery Plan: restiamo insieme, uniti, facciamo fronte comune perché il nostro territorio possa finalmente risollevarsi. Ancora una volta il Papa ci indica la strada con la Fratelli Tutti: quella della fratellanza universale, reale, fatta non di discorsi e di proclami ma di una cultura e di atteggiamenti diversi; e poi il dialogo come metodo per vivere in armonia sia con la Casa Comune sia con le persone. In questo documento si parla di come ritrovare un’armonia tra le persone, superando l’individualismo che è il male più grande che attanaglia il nostro tempo.
Così il Deuteronomio: «Io ti ho posto davanti la vita e la morte, la benedizione e la maledizione; scegli dunque la vita, perché viva tu e la tua discendenza» (Dt 30, 19). Questa scelta si impone oggi dinanzi a tutti noi all’inizio di questa Settimana Sociale. La scelta della vita o della morte del nostro Pianeta e quindi di ciascuno di noi. Spesso non consideriamo tutta la gravità della situazione e sottovalutiamo il rischio legato al cambiamento climatico e alla sopravvivenza del Pianeta. Ce lo dicono tante fonti tra cui il Rapporto IPCC (Intergovernmental Panel on Climate Change, organismo delle Nazioni Unite per l’analisi delle ricerche scientifiche in materia di cambiamento climatico[1]) pubblicato ad agosto 2021 che dice che la temperatura media del pianeta è già aumentata di 1,1 gradi ed è rimasto poco tempo per evitare catastrofi climatiche di maggiori proporzioni. Per evitare questo scenario ci siamo dati obiettivi molto ambiziosi come l’azzeramento delle emissioni nette nel 2050 e la riduzione del 55 percento già nei prossimi dieci anni, entro il 2030. La transizione ecologica rappresenta pertanto una delle sfide più temibili dell’umanità e del nostro paese ai nostri giorni.
Non possiamo sottovalutare la sfida dinanzi cui ci troviamo. La bussola per affrontarla ci è data dalla Laudato Si’ quando parla di sguardo contemplativo ed ecologia integrale e dalla Fratelli tutti quando indica una urgenza fondamentale per l’umanità nel passaggio dall’io al noi, presentandoci l’icona del Buon Samaritano”.
Cosa vogliamo testimoniare in questa Settimana Sociale? La determinazione nel continuare il cammino sinodale svolto sin qui nella preparazione di questa Settimana. Il Papa ci incoraggia in questa attività sinfoniale a camminare sulla stessa strada, insieme. Nello specifico di Incontrare, ascoltare, discernere. Sono appunto i tre verbi del Sinodo.
Dobbiamo avere il coraggio, anche di vincere il nostro impacciato imbarazzo nel ripartire dai volti delle persone morte e ferite per causa dell’inquinamento ambientale, dal volto ferito di tutta la Casa comune, e dalle vittime del lavoro. Dobbiamo ricominciare dai giovani che sono stati determinanti nella preparazione di questa settimana e che lo saranno nella sua realizzazione come elemento essenziale quando parliamo di presente, di futuro e di sostenibilità.
In questa città vi invito anche a riconoscere il disincanto e lo scetticismo, probabilmente anche verso questo nostro raduno, perché i tarantini sono stanchi e delusi, al pari di tanti poveri e sfruttati del Pianeta; non per questo dobbiamo rinunciare a tendere la mano e con umiltà essere portatori di fiducia, cominciando dal proprio impegno personale.
Il Papa ci insegna che lo stile sinodale non si avvicina al parlatorio, al parlamento, ma è la risposta alla nostra vocazione di essere lievito e fermento all’interno della famiglia umana per servire e non per essere serviti.
Perdonerete il mio evidente continuo riferimento a Taranto, ma le Settimane Sociali per noi sono un’opportunità che vorrei segnasse la svolta. Sulle sponde dei nostri Mari due grandi santi, profeti del nostro tempo, hanno annunciato la speranza e hanno rivolto il loro sguardo come la loro preoccupazione: san Paolo VI e San Giovanni Paolo II sono stati qui pellegrini e hanno tracciato un solco nel quale ora si innesta questa Settimana Sociale che stiamo vivendo in questa diocesi millenaria, grande per storia e per bellezza naturale.
Raccontiamo qui le ferite certe come certe sono le meraviglie e le risorse, offuscate dai fumi e da un racconto che come noterete sicuramente non ci rende giustizia, e che invece cela potenzialità enormi segno della benedizione di Dio che oggi si manifesta nell’attenzione della chiesa italiana e nella vostra presenza.
A tutti auguro un lavoro carico di frutti di speranza. Grazie.
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